domenica 26 giugno 2022

La chiesetta del Santissimo Crocefisso

Nessuno mai si ricorda di lei: piccola, posta in posizione non centrale ma laterale, quasi a nascondersi dal caos che negli ultimi anni è sorto attorno a lei. E’ la chiesa del santissimo Crocefisso intesa del Rinazzo, a pochi passi del castello medievale Floristella, quella dalla caratteristica cupola verde smeraldo coperta da mattonelle in ceramica disposte a squame che, poi, ha dato il nome a tutto la contrada, “al Crocifisso”. Questa chiesa è nata in un luogo remoto e pittoresco perché circondata da alberi. Costruita in stile settecentesco, tra la cupola e il tetto sporgente dall’unica navata si profila l’ampia e robusta cella campanaria che ha solo funzione decorativa. Forse gli alberi del breve spiazzo, quel colore verde della cupola, il bianco della pietra calcare, il senso di pace che spira, rendono la chiesa cara da sempre agli acesi. Nasce nel lontano 1683 quando il pittore Francesco Platania affrescò un’icona che rappresentava la scena della crocefissione di Gesù Cristo con accanto, da un lato la Madonna addolorata e dall’altro una pia donna. L’immagine era molto venerata dagli acesi che, tra l’altro, riferivano frequenti miracoli e, quindi, il numero dei fedeli cresceva. Il vescovo di Catania, Michelangelo Bonadies, venuto a conoscenza di questa icona miracolosa, fece erigere un tetto che riuscisse a proteggere l’affresco dalle intemperie. In seguito, i fedeli, con offerte ed oboli, vollero erigere una chiesa proprio attorno all’icona e venne aperta al pubblico nel 1688. La chiesa, dall’affresco, prese il nome del “Santissimo Crocefisso”. Il terremoto del 1693 colpì anche questo edificio ma il culto verso l’altare miracoloso non cessò e nel XVIII secolo fu restaurata dal sac. Paolo Castorina che la arricchì con nuove opere d’arte. Nel 1750 nasce la confraternita del Santissimo Crocefisso per glorificare ulteriormente il Santo luogo. In seguito fu chiesta l’autorizzazione di sepoltura per i membri associati ed i fedeli della Chiesa. I confrati, unitamente ai rettori, da questo momento si occuparono della Chiesa e dei defunti. Sempre gli stessi realizzarono il giardinetto retrostante la chiesa, fu costruita una piccola casina attaccata alla chiesa “per uso de Baretti e Bara per trasportar i cadaveri” All’angolo opposto di quello in cui sorge il giardinetto della chiesa, in via Salvatore Vigo, troviamo un antico cancelletto sempre chiuso che dà su un breve viale che porta alla cappelletta adottata come edicola votiva e dedicata alla Madonna della Solitudine. Il viale, prima che venisse aperta la strada partiva dal cortile della chiesa, è coperto di muschio e, nella piccola cappella, si trova la statua di una Madonna con le braccia aperte come gesto disperato davanti al sepolcro del Cristo. Questo sito altro non è che il resto di una tomba in quanto, nei secoli passati, lì vi era dislocato il cimitero locale. In seguito, per esigenza del nuovo catasto urbano si separeranno i beni appartenenti alla Chiesa da quelli della confraternita così da smembrare ulteriormente ciò che era stato un solo corpo fino a quel momento. Ma a modificare in modo determinante lo stato delle cose sarà la nascita della linea ferroviaria, della sua stazione e la realizzazione del primo tratto della Via Salvatore Vigo, chiamata, poi dagli acesi, “strada nuova”. La sua edificazione iniziata nel 1885 si completerà nel 1890. Un po’ alla volta quei luoghi incantevoli svanirono, lasciando il posto ad enormi palazzi di cemento armato che, ancora oggi, soffocano senza alcun rispetto quegli spazi, ne mortificano i confini e amputano alcune delle sue parti. La stessa Confraternita appena nata nel 1872, già nei primi anni del novecento era quasi del tutto inesistente e ben presto scomparve. La Chiesa privata dei suoi beni, della Confraternita, dei suoi censi e dei suoi sostenitori andò scemando nel ricordo di quel passato, che poi non era così lontano, ma non smise di accogliere i fanciulli dell’oratorio estivo o i ragazzi del seminario. Qualche decennio fa, inspiegabilmente, si decise di chiudere le porte ai fedeli, per consentirne un utilizzo diverso da quello legittimo.

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