giovedì 23 aprile 2020

Giuseppina Vitale "TUTTA COLPA DEL MIO CAPO"

SEGNALAZIONE
Giuseppina Vitale Tutta colpa del mio capo Genere Chick lit Data d’uscita: 21 aprile Kindle/cartaceo 30 aprile Euro 1,99 disponibile anche su Kindle Unlimited 0,99 (per la prima settimana) 118 pagine
Sinossi: Marina Giordano lavora in una rivista tutta al femminile quando dopo l'ennesima delusione, spinta dall'odio per gli uomini, propone al suo capo l'articolo del secolo: come diventare la donna perfetta. Francesca sembra entusiasta dalla sua idea ma le detta una condizione: sperimentare le sue teorie su Michele Ruggero, il suo ex. Cosa succederà?
Estratti: Avanzai, il cuore sembrava scoppiarmi nel petto. «Come al solito, sei sempre l’ultima a capire le cose.» Si voltò indignata e non potei fare a meno di sorridere. «Ti amo sciocca, non saprei immaginarmi senza di te.» Asciugai le lacrime dal suo volto e la baciai. Finalmente tutto aveva un senso. La fine di un viaggio, spesso era l’inizio di una nuova interessante avventura.

venerdì 10 aprile 2020

lontano dalla scuola...

La sera del 4 marzo ci è stato comunicato che dall’indomani mattina l’azione didattica sarebbe stata momentaneamente sospesa. C’era anche una data, ma tutti sapevamo che in realtà, visto come stavano andando le cose, la scadenza non sarebbe stata certo rispettata visto che ogni ora che passava ci si rendeva conto che ormai il problema Coronavirus era dilagato e come, una pioggia dal cielo, aveva, a poco a poco, toccato tutti i paesi del mondo fino a diventare una “Pandemia”. “Pandemia”, una parola terribile, chissà quante volte è stata usata o abusata dagli uomini e non certo per un problema così grave! Purtroppo quando la vita scorre nelle abitudini e nella monotonia si cerca sempre il sensazionalismo. Poi arrivano quelle giornate che neppure il migliore scrittore ”fantasy” avrebbe potuto immaginare! Ci siamo ritrovati dall’oggi al domani a vivere una vita diversa da quella che ognuno di noi aveva mai vissuto. Rintanati nella propria abitazione, come nascosti, per giorni e giorni: certo non è andare in guerra ma è sempre uno stress stare a casa tutti insieme, tutti i giorni, abbandonando ognuno le proprie attività, il lavoro, la scuola, la spesa quotidiana, le passeggiate, la palestra, le visite ai familiari, gli abbracci. Chissà se, quando finirà questo brutto momento, saremo capaci di abbracciarci, di parlarci, di non diffidare di chiunque, volutamente o involontariamente, si avvicina a noi. Si è insinuato in noi il sospetto, la più subdola delle sensazioni che gli esseri umani possano provare, nulla è certo ma tutto è possibile. Torneremo a volerci bene, ad essere affettuosi, ad essere fratelli? Intanto stiamo tutti insieme sulle chat, reunion con i colleghi, con gli alunni, con gli amici, con i parenti, specie se lontani fanno la videochiamata. Ma se ci incontrassimo davanti alla fila del supermercato o in farmacia ci fermeremmo a parlare o ci metteremmo a distanza? In questi giorni tutti abbiamo pensato a Manzoni, incubo dei nostri giorni scolastici, lui aveva creato l’”untore”, lui ci aveva descritto di come la sera, per le vie, passasse il carro per ritirare i cadaveri di coloro che durante la giornata erano deceduti. Penso che ognuno di noi lo abbia ricordato, ogni volta che, in questi giorni, ha vista a sera i camion in fila con il lor triste carico delle bare di coloro che quel giorno avevano perso la vita. Sembra che il mondo si stia sbriciolando. Ma so che alla fine ne verremo fuori ma solo se ognuno di noi lotterà per farlo. Solo se abbandoneremo l’egoismo, la superbia, l’acredine, i giudizi, la violenza, l’attaccamento al potere che in questi giorni di dolore, invece, imperversano sui social. Insieme ce la faremo. Avvicinandoci a Dio. “Non ci siamo fermati davanti ai tuoi richiami. Abbiamo proseguito imperterriti, pensando di rimanere sempre sani in un mondo malato” ha detto il 27 marzo Papa Francesco, ed io aggiungo un mondo che Dio ci ha dato sano e che noi abbiamo fatto ammalare. Mariella Di Mauro

sabato 4 aprile 2020

IL VENTI DI GENNAIO

Ogni anno, ad Acireale, a fine Novembre, gli acesi recitano una tipica tiritera:”o quattru Barbara, o sei Nicola, o tridici Lucia e o vinticincu lu Missia”.La filastrocca è tipica della Sicilia ma gli acesi aggiungono“e o vinti di Innaru, Sammastianu”.San Sebastiano non è il santo protettore ma il compatrono, assieme a Santa Venera che viene festeggiata in estate, ma i suoi fedeli sono più numerosi e, soprattutto, più festosi.Il culto è legato ad un male antico:la peste.Anche se il Santo fu Bimartire, martirizzato la prima volta con le frecce poi con bastoni chiodati, viene raffigurato ucciso dai dardi, perché, rappresentavano il simbolo del contagio, della trasmissione della malattia.Inizialmente veniva venerato in una piccola chiesa ma, visto il grande numero di fedeli, si sentì la necessità di una nuova sede più grande e più maestosa, adeguata, cioè, all’importanza che il Santo acquisiva, anno dopo anno, in Aci e nel territorio circostante.La chiesa, eretta in suo onore, risultò semplicemente maestosa, tutta bianca di pietra arenaria e calorosamente Barocca.La festa, poi, è sempre un vero tripudio!Non c’è acese che non vi parteci e tantissimi sono i devoti con i maglioni e i fazzoletti in testa color beige e bordati rosso.Il 2020, questa strana combinazione numerica, mi ha fatto tornare in mente anni di feste.Mi sono resa conto che ogni periodo rappresenta un fase diversa della mia vita, e ogni volta ho dovuto rinnovarla e iniziarne una nuova.Quante vite cambiamo per continuare a vivere e rimanere a galla! Piccolina andavo alla ricorrenza accompagnata dalla mamma, prima in chiesa per la messa e poi fuori ad aspettare l’uscita trionfale del Santo. Non amo la folla e non l’amavo neppure allora. Minuta e gracilina, attorniata da quella moltitudine di persone, mi girava la testa, soprattutto, se ancora non ci aveva raggiunto papà. Certo incontrarsi in mezzo alla folla non era facile ma ciascuno aveva un punto preferito dove collocarsi ogni anno. Mia madre e le mie zie dicevano che non era difficile individuare mio padre perché era alto e la sua testa emergeva tra tutti. Io bambina mi mettevo sulla punta dei piedi, felice, per avvistarlo, orgogliosa. Quando c’era lui ero più tranquilla e al sicuro. Spesso mi prendeva in braccio per ripararmi dalla folla che spingeva con forza e per farmi vedere l’uscita impetuosa del Santo. Da piccola il nostro punto di ritrovo era in piazza, non in centro, troppo pericoloso! Ci mettevamo quasi ridosso al muro dove oggi c’è una gioielleria, allora c’era un negozio di scarpe. Negli anni a seguire ci posizionavamo in via Ruggero VII, davanti al negozio di Campione, il ferramenta. Un ricordo particolare del venti gennaio, alcuni anni dopo, è quello di quando andavo all’ultima classe delle scuole superiori: quell’anno non ci fu vacanza ma ci fecero uscire alle 11. Insieme ad una compagna di classe decidemmo di andare assieme all’uscita: non sarebbe stato difficile rintracciare i miei, io avevo il mio segreto, il mio papà era alto, lo avrei visto sicuramente, anche perché, nel frattempo io ero cresciuta ed ero diventata anche altina e sarebbe stato più facile trovarlo. Ricordo le corse e le risate così fragorose solo come le ragazze di quell’età e spensierate possono fare, ridendo e anche beffandosi del destino che magari sarcastico li sta a guardare e ad aspettare! Per arrivare in orario percorremmo la via Atanasia e poi i vicoletti che ci facevano accorciare la strada e ci avrebbero dato la possibilità di arrivare in tempo, anche se già sentivamo il fragore dei fuochi e le campane suonare. Per un acese il suono di quelle campane uniti ai botti rappresenta uno scuotimento del cuore, un’emozione che ti fa rabbrividire più del freddo gelido di gennaio! Un altro venti gennaio impresso nella mia memoria è quello del 1990 quando mi trovavo a Roma in visita a mia sorella in ospedale. Avevo chiamato la Grasso Viaggi per il volo, allora l’agenzia si trovava vicina alla Basilica di San Sebastiano, mancavano due giorni alla festa ed io, senza rendermene conto avevo chiamato alle 11 l’ora in cui, da sempre, le campane suonano ripetutamente per ricordare l’imminente evento. Ricordo come fosse adesso i brividi provati nel sentirle e la voglia di essere a casa e senza gli incubi di quei problemi. Roma città da sogno ma con quel peso sul cuore e il desiderio di essere a casa nella quotidianità! L’anno seguente non andò meglio, mia sorella era stata fatta tornare perché le condizioni erano gravi ed io, proprio il venti mi recavo a trovarla a casa in un’Acireale deserta perché tutti si trovavano ad onorare il Santo: ricordo le lacrime scendere sul mio volto, roventi come il fuoco. Quel pomeriggio, quando il Fercolo passò sotto casa, l’emozione fu forte. Non mi affacciai al balcone ma rimasi dietro i vetri triste. Qualche anno dopo ebbi l’opportunità di essere ospitata in uno di quei palazzi antistanti la Basilica, proprio quello che, da piccola, naso in su, guardavo invidiando le persone che con molta semplicità potevano assistere all’atteso rito dell’uscita. L’invito mi risultò gradito, apprezzavo quell’opportunità. Era bello entrare in quella casa antica di struttura e di arredamento Liberty che per l’occasione apriva il salone delle feste e le rispettive porte sulla piazza, tante e tutte adorne di trine pregiate come solo in Sicilia le donne sanno fare. Quella possibilità si ripeté per qualche anno e ancor oggi sono grata ai Cirelli per quel regalo. Quest’anno, poi, il numero venti si ripropone. Venti non è un numero qualsiasi e arrivare ad un amore di tanti anni non è una cosa da nulla. Un amore che non bisbiglia, che fa rumore, tanto, non fuori, quello è frastuono, caos. Il mio amore fa rumore dentro, ti scuote, ti sconvolge, ti cambia, ti migliora, ti dà la carica, ti dà la vita, e tu vai e voli sul mondo e le sue bassezze e dolori. Ma lui ti fa sognare e così le meschinità dell’umano le superi. Negli ultimi anni non mi reco più in piazza all’uscita del Santo, la folla mi preoccupa molto e così guardo l’evento dal maxi schermo in piazza Duomo e lo aspetto lì: lui sopraggiunge, una volta arrivava con impeto ma, ormai, sempre più lentamente per questioni di sicurezza, poi sosta un pochino ed io, con un’immensa emozione lo saluto e gli chiedo di accompagnarmi negli imprevisti e nelle nuove situazioni che il nuovo anno porterà. Mariella Di Mauro

giovedì 2 aprile 2020

Daniele La Mela Hairstyle

La preziosa collaboratrice di AkisRegale, Mariella Di Mauro, nel quadro delle sue importanti interviste ha incontrato l’Hairstyle Daniele La Mela di You Hair di Acireale, marchio di cui ne è il fondatore, in via Paolo Vasta bassa. Il negozio è curato da lui e da Tiziana, la sua compagna. Loredana e Sara sono le collaboratrici. Quest’anno, insieme a molti altri professionisti, Daniele La Mela ha curato il look delle pettinature degli ospiti del festival di Sanremo.Ecco l’intervista. - Daniele, sicuramente la sua è stata una esperienza molto interessante e formativa, la vuole condividere con i nostri lettori? Effettivamente è stata un’esperienza molto bella, tra l’altro per me seguire il festival come tecnico, è stata la prima volta. Ho avvertito un senso nazionalista in tutti i suoi componenti per metterne in atto tutta la struttura, complessa e ricercata: era come tifare per l’Italia ai mondiali! E’ stato interessante vedere come in quella settimana tutta la città ne è stata coinvolta. Mi ha arricchito dal punto di vista umano e professionale. Mi ha dato la possibilità di conoscere un target di personalità rilevanti dal punto di vista artistico, di solito io collaboro con i casting del cinema: Venezia, Roma. Sono stato anche il parrucchiere personale dell’attrice Claire Forlani. A maggio sarò al festival di Sestri Levante. - Come si vive questo mondo? Come siete organizzati nel vostro lavoro? Chiaramente all’interno del festival noi parrucchieri eravamo un numero notevole. Ci siamo occupati di sistemare tutte le persone che in un modo o nell’altro giravano intorno al festival: giornalisti, conduttori, cantanti. Ognuno di noi la sera prima riceveva la lista dei nominativi delle persone di cui ci dovevamo prendere cura l’indomani. Non erano sempre gli stessi ma, a giro, cambiavano ogni giorno, a meno che un cantante esprimeva la volontà di essere seguito da una persona precisa per tutto il festival. Come sono i cantanti, esigenti, capricciosi, si affidano? Gli attori sono molto più esigenti e capricciosi. I cantanti no, si sono affidati a noi con più semplicità. Daniele quando nasce la sua passione per questo lavoro? Nonostante io sia un figlio “d’arte”, la mia passione nasce tardi. Non ero interessato al lavoro di mio padre. Finita la scuola superiore avevo in progetto l’iscrizione all’università in Economia del Turismo. Sin da piccolo stavo in negozio solo per punizione non amavo quel lavoro. Dopo il diploma, nonostante le mie ritrosie, vengo coinvolto da mio padre in un suo progetto di potenziamento dell’attività. Decido di fermarmi un anno e provare. Quando ho cominciato a frequentare questo mondo, fatto di moda, spettacolo e artisti me ne sono innamorato e nonostante che il programma di mio padre, poi, non andò in porto io ci rimasi dentro e con grandi progetti. Iniziai con la scuola di parrucchieri e finito il periodo di apprendimento, aiutato da mio padre ho iniziato a girare per l’Italia sostando nei grandi saloni per imparare i segreti su come trattavano le donne, come le facevano sentire bene e soddisfatte. Da qui la mia esigenza di creare un contenitore che non fosse solamente quello del parrucchiere ma un luogo dove stare bene e in relax. Il mio primo salone l’ho aperto ad Adrano, il mio paese, e dopo un anno ho dovuto cercare un locale più grande perché il lavoro andava bene. Cominciai ad aprire anche negozi nei centri commerciali che poi vendevo dopo l’avviamento. Undici anni fa decisi di aprire un’attività proprio ad Acireale rilevando un esercizio in corso Umberto. All’inizio fu difficile mediare con ciò che avevo preso insieme alla gestione: il personale e la clientela. Ho cercato con tutti di conciliare il mio pensiero con le loro abitudini. Dopo qualche anno mi sono trasferito dove siamo adesso, in via Paolo Vasta, e qui ho fatto le mie scelte decisive. Ho cambiato personale e ho deciso che non sarei andato dietro le clienti ma avrei seguito la mia linea. Chi avrebbe voluto mi avrebbe seguito. Tanto lavoro e impegno ma è andata bene. - Perché proprio Acireale? E’ una bella città da ogni punto di vista sia architettonico che ambientale e sociale. Poi ho incontrato l’amore e quindi un motivo in più per restare.
Qual è la cosa che ritiene fondamentale nel suo lavoro? E’ di vitale importanza avere la capacità di entrare in empatia con chi entra e capirne innanzi tutto le esigenze e poi le tipologie di capelli. Ogni pettinatura non può prescindere dalla tipologia di capello, non farlo non dà il giusto risultato. In tutti questi anni ho capito che per ogni cliente è importante anche la chiarezza dei servizi che diamo e dei costi di ogni trattamento, evitando le sorprese finali. Oltre all’impegno giornaliero del suo studio ha altri interessi? Il mio obiettivo è quello di creare un habitat dove chi entra possa trovare un luogo rilassante e familiare. Mi interesso molto di” Ambiente”. Ho un progetto in dirittura di arrivo e, a tal proposito, abbiamo creato una bottiglia ecologica per l’acqua con il nostro logo, naturalmente, per limitare l’uso della plastica e il suo conseguente riciclo. Insieme a Lega Ambiente, a cui andrà una parte del ricavato che sarà utilizzato per migliorare alcuni punti della Timpa, stiamo organizzando un progetto comune. Faremo anche degli incontri, dei Work shop, con le nostre clienti ed i loro bambini per attenzionare il risparmio energetico e il riciclo creativo. Sicuramente un bell’impegno. Buon lavoro a Daniele La Mela e al suo staff. Mariella Di Mauro