mercoledì 29 maggio 2019

I Mulini ad acqua

Questa breve storia parte dal territorio dell’antica Aci, il quale comprendeva, all’incirca, tutti i piccoli comuni che ne presero il nome. In questa zona, che aveva come centro la “Reitana”, settecento anni di storia hanno visto svilupparsi la via dei mulini che ha resistito al tempo, ma non alla speculazione edilizia che ebbe inizio negli anni settanta, del nostro secolo, e all’incuria di noi esseri umani. Solo un occhio attento e amante della nostra storia riuscirebbe, ancor oggi, a distinguere tracce di questi antichi mulini. Insieme a loro sono scomparsi, anche, vecchi mestieri, testimoni di tradizioni, ma, anche, di una sofferenza millenaria. L’acqua è stata sempre sinonimo di vita e di ricchezza. Il suo controllo, in ogni parte del mondo, ha causato nei secoli contese da parte dei detentori del potere e dell’economia. Anche la nostra zona ha conosciuto lunghe dispute per il controllo delle acque. Il nostro territorio, formato in prevalenza da terreni vulcanici, soffre, proprio per la sua struttura, della mancanza di sorgenti acquifere usufruibili, infatti, molti fiumi, per lunghi tratti, scorrono sottoterra. Nella zona a monte della Reitana, posta tra Acireale, Acicastello e Aci San Filippo, un substrato argilloso, privo della copertura lavica, permette l’affioramento di una falda acquifera che nei tempi passati si credeva fosse un ramo del famoso fiume Aci. A conseguenza di ciò, molte fonti naturali sgorgano in vari punti disseminati lungo tutto il territorio, che va dal piano Reitana, a Santa Venera (sorgente termale), fino ad arrivare a Capo Mulini, molte altre, invece, scorrono sottoterra e poi si gettano direttamente nel mare. Quest’area divenne, nel corso dei secoli, attenzionata lungamente, per svariati ed importanti utilizzi. L’acqua che fluiva nel nostro terreno, argilloso o vulcanico, si arricchiva, e si arricchisce tutt’oggi, della ricchezza delle sostanze che la nostra terra ci dona gratuitamente. Ma, oltre ad irrigare i terreni agricoli e dissetare sia gli uomini che gli animali, venne impiegata in diverse altre attività: pulitura dei panni di lino localmente prodotti, macerazione del lino e della canapa, lavorazione del riso, concia delle pelli, depurazione dei lupini, per finire, addirittura con la produzione della seta, che, a fine 400, era già diffusa in tutta la zona. Appena il bozzolo era pronto, si doveva estrarre il lungo filamento di seta ed era necessario disporre dell’acqua, indispensabile per la sua lavorazione.
Tanti, quindi, i suoi utilizzi, ma a questi dobbiamo aggiungere l’energia che dava alle macchine idrauliche, come i famosi e numerosi mulini, sparsi lungo tutto il territorio, per la produzione della farina, segherie per il taglio del legname, trappeti per la lavorazione delle canne da zucchero, paratori per la lavorazione della lana. Si evince che in tutta la zona ferveva una incessante attività. Attorno a quell’area, infatti, ruotava un piccolo universo di attività umane, alle quali si dovevano per forza aggiungere muli che, per le “trazzere” disagiate, e sotto il sole cocente, trasportavano merci da lavorare o già lavorate. Appena arrivati a destinazione, le saie e gli abbeveratoi davano ristoro, a uomini e animali, dopo il lungo cammino, pronti, comunque, a riprenderlo non appena la merce sarebbe stata pronta. C’erano, poi, mandrie di pecore e capre, buoi e vacche che pascolavano vicino ai corsi di acqua ricchi di vegetazione. Si dovevano sentire, abbastanza spesso, le voci di giovani donne che si dirigevano verso i lavatoi con i cesti colmi di panni da lavare, accompagnate dalle anziane che oltre a chiacchierare, vigilavano severe sui loro “civettii”. Non mancavano, di tanto in tanto, uomini sul tetto armati di “scopetta” a mo’ di protezione dal pericolo delle scorribande dei turchi. Solo quando il sole tramontava dietro l’Etna, “a muntagna”, i contadini riponevano gli attrezzi, e riprendevano la via verso casa. La rada, così animata di giorno, rimaneva sola, desolata, buia, rischiarata solo dalla luna e dal cielo stellato. Arrivati alla seconda metà dell’800, però, si comincia ad assistere alla lenta, ma progressiva, chiusura dei mulini: il motore a vapore, di recente scoperta, aveva cominciato a soppiantare l’energia dell’acqua, in più, gli impianti molitori potevano essere posizionati il località più vicini ai centri abitati e, quindi, molto più funzionali.
Anche la molitura fu azionata da motori a vapore, prima, ed elettrici, dopo. Oggi, l’unico mulino rimasto integro, soprattutto grazie alla perseveranza del suo padrone, è il mulino “Pigno”, gli altri continuarono a funzionare fino al dopoguerra, per essere chiusi definitivamente negli anni ’50. Oggi dei mulini ad acqua rimane poco più di una leggenda, qualche nome di luoghi di intrattenimento, e, di tanto in tanto qualche giornata culturale, guidata da qualche romantico studioso, sognatore, che, malgrado siano passati diversi secoli, continua a visitare spesso questi luoghi, cercando e trovando segni di piccole “manifestazioni edilizie” che l’occhio comune vedrebbe solamente come comuni “ciottoli”.

lunedì 27 maggio 2019

Beata Gioventù

Segnalazione
Vincenzo Galati ritorna con una commedia poliziesca saporita, avvincente e delittuosamente spassosa. Una brigata di stravaganti nonnetti, le difficoltà della vita e un'indagine da portare a termine. I loro metodi sono inusuali, forse bizzarri e poco ortodossi ma sono molto, molto efficaci!  Autore: Vincenzo Galati  Lunghezza stampa: 203  Editore: Oakmond Publishing  Data di uscita: 15 giugno 2019 Sinossi Protagonisti di questa storia ironica e fuori degli schemi un gruppo di strampalati amici, un po’ in là con gli anni ma con l’entusiasmo di ragazzini scatenati, alle prese con un’incredibile avventura. Tra una partita a carte e un cruciverba, i nostri s’imbattono in un omicidio e nel furto di una vecchia moneta di enorme valore. Capitanati dall’impavida Olga, gli arzilli vecchietti mettono in atto un ingegnoso piano che proverà a trasformarli in intrepidi giustizieri dai capelli d’argento. Ma sulla loro strada si presentano ostacoli e imprevisti di ogni tipo. Riuscirà la sgangherata banda di nonnetti a dipanare il bandolo della matassa?
Vincenzo Galati genovese, nato nel 1971, vive e lavora a Siena ed è impiegato per necessità, lettore per passione e scrittore per vizio. Ha esordito con Lo strano mistero di Torre Mozza, a cui è seguito Chi non muore. Esce il 15 giugno del 2019 il suo nuovo romanzo “Beata gioventù”. È fermamente convinto che l’ironia salverà il mondo. link d'acquisto: FACEBOOK: https://www.facebook.com/Beata-Giovent%C3%B9-476729669732065/ AMAZON: https://www.amazon.it/Beata-Giovent%C3%B9-poliziesca-avvincente-delittuosamente-ebook/dp/B07R7BZC69

domenica 26 maggio 2019

Addio Fantasmi di Nadia Terranova

Stasera, presso la libreria Mondadori bookstore di Acireale, serata speciale dedicata alla Scrittrice Nadia Terranova e al suo libro, finalista Premio Strega, Addio Fantasmi. A presentarlo Maria Antonietta Ferrarolo, che con maestria unica ci ha introdotti nel mondo che Nadia racconta nel suo libro: perdere qualcuno e impegnare se stessi a superare questo vuoto per riprendere a vivere.
Per me, balbuziente scrittrice alle prime armi, la soddisfazione di essere in foto con la finalista Premio Strega: Nadia Terranova

Il Mito di Aci e Galatea

di Pina Spinella
Presentato ieri presso l'antisala comunale del palazzo di città di Acireale il libro di Pina Spinella Il mito di Aci e Galatea, un racconto d'amore e d'amare. il libro è arricchito da stupende immagini pittoriche a cura dell'artista DRIA.
Ha parlato del libro, presentandolo, la giornalista Gabriella Puleo

sabato 25 maggio 2019

Taobuk 2019

Oggi, 25 maggio 2019 , presso gli uffici della regione Siciliana è stato presentato alla stampa il programma del Taobuk. Sono intervenuti l’Assessore al Turismo Sandro Pappalardo, il sindaco di Taormina Mario Bolognari, l’ideatrice e presidente del festival Antonella Ferrara, ha moderato la giornalista Caterina Rita Andò. Quest’anno il programma sarà dedicato al tema del desiderio, spinta propulsiva a realizzare ciò che vogliamo e componente fondamentale della storia individuale e di quella universale. Il desiderio è l’impulso non riducibile alle leggi fisiologiche, è un sentimento, un’emozione, la capacità di sognare, lo sprone dell’impervio cammino umano. Incentrati su questo argomento, varie tematiche. Alcune: Il desiderio di superare sé stessi. Lectio magistralis di Antonio Forcellino. Il desiderio di verità oltre i tentacoli della storia. Benedetta Tobagi, a cinquant’anni della strage di Piazza Fontana. A 90 anni dei Patti Lateranensi. Giancarlo Mazzucca. A spasso sull’Etna…fucina di desideri. Daniele Cernilli. Fra delirio di guerra e desiderio di pace. Raffaella Milano Queste alcune delle numerose tematiche affrontate quest’anno. IX Edizione 21 – 25 Giugno

venerdì 24 maggio 2019

I mulini ad acqua 1

Questa breve storia parte dal territorio dell’antica Aci, il quale comprendeva, all’incirca, tutti i piccoli comuni che ne presero il nome. In questa zona, che aveva come centro la “Reitana”, settecento anni di storia hanno visto svilupparsi la via dei mulini che ha resistito al tempo, ma non alla speculazione edilizia che ebbe inizio negli anni settanta, del nostro secolo, e all’incuria di noi esseri umani. Solo un occhio attento e amante della nostra storia riuscirebbe, ancor oggi, a distinguere tracce di questi antichi mulini. Insieme a loro sono scomparsi, anche, vecchi mestieri, testimoni di tradizioni, ma, anche, di una sofferenza millenaria. L’acqua è stata sempre sinonimo di vita e di ricchezza. Il suo controllo, in ogni parte del mondo, ha causato nei secoli contese da parte dei detentori del potere e dell’economia. Anche la nostra zona ha conosciuto lunghe dispute per il controllo delle acque. Questa breve storia parte dal territorio dell’antica Aci, il quale comprendeva, all’incirca, tutti i piccoli comuni che ne presero il nome. In questa zona, che aveva come centro la “Reitana”, settecento anni di storia hanno visto svilupparsi la via dei mulini che ha resistito al tempo, ma non alla speculazione edilizia che ebbe inizio negli anni settanta, del nostro secolo, e all’incuria di noi esseri umani. Solo un occhio attento e amante della nostra storia riuscirebbe, ancor oggi, a distinguere tracce di questi antichi mulini. Insieme a loro sono scomparsi, anche, vecchi mestieri, testimoni di tradizioni, ma, anche, di una sofferenza millenaria. L’acqua è stata sempre sinonimo di vita e di ricchezza. Il suo controllo, in ogni parte del mondo, ha causato nei secoli contese da parte dei detentori del potere e dell’economia. Anche la nostra zona ha conosciuto lunghe dispute per il controllo delle acque. Il nostro territorio, formato in prevalenza da terreni vulcanici, soffre, proprio per la sua struttura, della mancanza di sorgenti acquifere usufruibili, infatti, molti fiumi, per lunghi tratti, scorrono sottoterra. Nella zona a monte della Reitana, posta tra Acireale, Acicastello e Aci San Filippo, un substrato argilloso, privo della copertura lavica, permette l’affioramento di una falda acquifera che nei tempi passati si credeva fosse un ramo del famoso fiume Aci. A conseguenza di ciò, molte fonti naturali sgorgano in vari punti disseminati lungo tutto il territorio, che va dal piano Reitana, a Santa Venera (sorgente termale), fino ad arrivare a Capo Mulini, molte altre, invece, scorrono sottoterra e poi si gettano direttamente nel mare. Quest’area divenne, nel corso dei secoli, attenzionata lungamente, per svariati ed importanti utilizzi. L’acqua che fluiva nel nostro terreno, argilloso o vulcanico, si arricchiva, e si arricchisce tutt’oggi, della ricchezza delle sostanze che la nostra terra ci dona gratuitamente. Ma, oltre ad irrigare i terreni agricoli e dissetare sia gli uomini che gli animali, venne impiegata in diverse altre attività: pulitura dei panni di lino localmente prodotti, macerazione del lino e della canapa, lavorazione del riso, concia delle pelli, depurazione dei lupini, per finire, addirittura con la produzione della seta, che, a fine 400, era già diffusa in tutta la zona. Appena il bozzolo era pronto, si doveva estrarre il lungo filamento di seta ed era necessario disporre dell’acqua, indispensabile per la sua lavorazione. Tanti, quindi, i suoi utilizzi, ma a questi dobbiamo aggiungere l’energia che dava alle macchine idrauliche, come i famosi e numerosi mulini, sparsi lungo tutto il territorio, per la produzione della farina, segherie per il taglio del legname, trappeti per la lavorazione delle canne da zucchero, paratori per la lavorazione della lana. Il nostro territorio, formato in prevalenza da terreni vulcanici, soffre, proprio per la sua struttura, della mancanza di sorgenti acquifere usufruibili, infatti, molti fiumi, per lunghi tratti, scorrono sottoterra. Nella zona a monte della Reitana, posta tra Acireale, Acicastello e Aci San Filippo, un substrato argilloso, privo della copertura lavica, permette l’affioramento di una falda acquifera che nei tempi passati si credevaQuesta breve storia parte dal territorio dell’antica Aci, il quale comprendeva, all’incirca, tutti i piccoli comuni che ne presero il nome. In questa zona, che aveva come centro la “Reitana”, settecento anni di storia hanno visto svilupparsi la via dei mulini che ha resistito al tempo, ma non alla speculazione edilizia che ebbe inizio negli anni settanta, del nostro secolo, e all’incuria di noi esseri umani. Solo un occhio attento e amante della nostra storia riuscirebbe, ancor oggi, a distinguere tracce di questi antichi mulini. Insieme a loro sono scomparsi, anche, vecchi mestieri, testimoni di tradizioni, ma, anche, di una sofferenza millenaria. L’acqua è stata sempre sinonimo di vita e di ricchezza. Il suo controllo, in ogni parte del mondo, ha causato nei secoli contese da parte dei detentori del potere e dell’economia. Anche la nostra zona ha conosciuto lunghe dispute per il controllo delle acque. Il nostro territorio, formato in prevalenza da terreni vulcanici, soffre, proprio per la sua struttura, della mancanza di sorgenti acquifere usufruibili, infatti, molti fiumi, per lunghi tratti, scorrono sottoterra. Nella zona a monte della Reitana, posta tra Acireale, Acicastello e Aci San Filippo, un substrato argilloso, privo della copertura lavica, permette l’affioramento di una falda acquifera che nei tempi passati si credeva fosse un ramo del famoso fiume Aci. A conseguenza di ciò, molte fonti naturali sgorgano in vari punti disseminati lungo tutto il territorio, che va dal piano Reitana, a Santa Venera (sorgente termale), fino ad arrivare a Capo Mulini, molte altre, invece, scorrono sottoterra e poi si gettano direttamente nel mare. Quest’area divenne, nel corso dei secoli, attenzionata lungamente, per svariati ed importanti utilizzi. L’acqua che fluiva nel nostro terreno, argilloso o vulcanico, si arricchiva, e si arricchisce tutt’oggi, della ricchezza delle sostanze che la nostra terra ci dona gratuitamente. Ma, oltre ad irrigare i terreni agricoli e dissetare sia gli uomini che gli animali, venne impiegata in diverse altre attività: pulitura dei panni di lino localmente prodotti, macerazione del lino e della canapa, lavorazione del riso, concia delle pelli, depurazione dei lupini, per finire, addirittura con la produzione della seta, che, a fine 400, era già diffusa in tutta la zona. Appena il bozzolo era pronto, si doveva estrarre il lungo filamento di seta ed era necessario disporre dell’acqua, indispensabile per la sua lavorazione. Tanti, quindi, i suoi utilizzi, ma a questi dobbiamo aggiungere l’energia che dava alle macchine idrauliche, come i famosi e numerosi mulini, sparsi lungo tutto il territorio, per la produzione della farina, segherie per il taglio del legname, trappeti per la lavorazione delle canne da zucchero, paratori per la lavorazione della lana.
fosse un ramo del famoso fiume Aci. A conseguenza di ciò, molte fonti naturali sgorgano in vari punti disseminati lungo tutto il territorio, che va dal piano Reitana, a Santa Venera (sorgente termale), fino ad arrivare a Capo Mulini, molte altre, invece, scorrono sottoterra e poi si gettano direttamente nel mare. Quest’area divenne, nel corso dei secoli, attenzionata lungamente, per svariati ed importanti utilizzi. L’acqua che fluiva nel nostro terreno, argilloso o vulcanico, si arricchiva, e si arricchisce tutt’oggi, della ricchezza delle sostanze che la nostra terra ci dona gratuitamente. Ma, oltre ad irrigare i terreni agricoli e dissetare sia gli uomini che gli animali, venne impiegata in diverse altre attività: pulitura dei panni di lino localmente prodotti, macerazione del lino e della canapa, lavorazione del riso, concia delle pelli, depurazione dei lupini, per finire, addirittura con la produzione della seta, che, a fine 400, era già diffusa in tutta la zona. Appena il bozzolo era pronto, si doveva estrarre il lungo filamento di seta ed era necessario disporre dell’acqua, indispensabile per la sua lavorazione. Tanti, quindi, i suoi utilizzi, ma a questi dobbiamo aggiungere l’energia che dava alle macchine idrauliche, come i famosi e numerosi mulini, sparsi lungo tutto il territorio, per la produzione della farina, segherie per il taglio del legname, trappeti per la lavorazione delle canne da zucchero, paratori per la lavorazione della lana.

lunedì 20 maggio 2019

Hotel Trinacria alla biblioteca Riccardo Di Maggio

Lunedì 6 giugno

Una segnalazione

Il Ritorno di Pina Spinella
Pina Spinella è nata ad Acireale nel 1956 (CT) e vive da sempre nella frazione di Guardia, dove ha insegnato nella scuola primaria per oltre un ventennio. Ha studiato e insegnato ai ragazzi scrittura creativa. Grande appassionata di libri, ha presentato nel luglio 2016 il suo primo romanzo dopo una particolare esperienza di coma farmacologico dovuto a un episodio di malasanità. Il libro ha ricevuto una menzione speciale al Buk Festival di Modena 2017 e altri premi.
Pina, la protagonista di questo romanzo autobiografico, vittima di un episodio di malasanità, entra in coma e vi rimane per 38 giorni, rischiando più volte di morire. Il suo racconto alterna le emozioni, i ricordi e le visioni che ha provato ai confini della morte al dramma dei suoi familiari, inchiodati nella sala antistante il reparto di Rianimazione. Un mondo di luce, di musica, di quiete assoluta contrapposto alla quotidianità dell’attesa snervante e disperata, ma mai priva di speranza. Alla fine una ripresa straordinaria fa ritornare Pina alla sua realtà e sussurra alla nostra anima nuovi lembi di vita: un vita che la sfida, la ferisce, ma la invita a scommettersi in nuove storie. L’intreccio del romanzo ci fa conoscere una donna fragile ma determinata che ritrova negli affetti, di cui si sente circondata, un motivo di rinascita e di “ Ritorno”. un estratto dal libro: ..."Scendo nell'oscurità, ma è un'oscurità trasparente perché io a tratti riesco a vedere.Tuttavia è trasparente in modo torbido, offuscato.Sono cosciente, ma senza identità e senza memoria.Rifletto sul fatto che potrei sopravvivere o no e sono totalmente indifferente.Non conosco le regole del mondo in cui mi trovo. La mia mente gira lentamente, è caduta in un turbine vizioso e più gira...più si perde, si confonde, si contorce, si disorienta e ne esce disperata. Poi di nuovo il buio."...

sabato 18 maggio 2019

recenzione di Cristina Pace

08/23/18--00:15: Mettiti la giacca buona di Mariella Di Mauro, romanzo dalla trama solida. La recensione Contact us about this article Mettiti la giacca buona ... mi ha ricordato molto mia madre, quando ho qualche appuntamento importante e mi chiede che look ho scelto... sarà che l'abito non fa il monaco...ma vuoi mettere fare bella figura con chi incontriamo, anziché sembrare usciti da un manicomio criminale? Comincia così il meraviglioso romanzo di Mariella Di Mauro ambientato in un Sicilia di altri tempi, dove il lavoro manuale contava come essere il Ceo di una grande azienda, dove non ci si conosceva su Facebook, ma ci si incontrava alle fontane nella pausa pranzo, dove tutto era più semplice, persino i matrimoni, papà e mamma sceglievano per te, niente stress da look, niente ansia da prestazione, niente flirt sms o wa mai letti, loro sceglievano ed era fatta. Ti piaceva lui o lei, era stupendo oppure una cozza, non importava si trattava di business, di acquisire terreni proprietà e di avere meno bocche in casa da sfamare...ah l'amour... beh quella era un'altra storia, se avevi fortuna sbocciava, già era tanto se non ti pestava nel tempo libero, poi vabbè dovevi figliare poco importava ed era fatta... vissero infelici e scontenti per sempre...come nelle migliori storie del 2018... non ci sconvolgiamo giusto? Bronte 1860, un amore imposto, due anime in pena, 4 amori mai sbocciati. Sulla scia delle rivolte contadine che portarono a feriti e cambiamenti, 2 ragazzi e due ragazze sognano l'amore perfetto, mentre i loro genitori tentano di fare affari. Quattro destini incrociati, infami, tra fuitine...sotterfugi e piani falliti. Quattro personaggi che volevano poco dalla vita se non essere felici, quattro caratteri spezzati dal volere altrui, 4 vite irrisolte in una Sicilia che non perdona, neanche se chiedi venia… Lo stile di Mariella colpisce per il suo essere diretto, preciso quasi introspettivo, sembra che descriva dei fatti da lei vissuti e delle persone da lei realmente conosciute. Con ironia e un pizzico di sarcasmo narra le vicende accadute, facendotele vivere in maniera nitida. >Un romanzo dalla trama solida che coinvolge noi lettori che vogliamo capire.., " che fini fanno sti picciotti" vorremmo vederli vivere e gioire...ma la vita è crudele lo sappiamo… Potrei dirvi molto di più ma vi rovinerei il piacere di leggervelo...per cui fate come me leggetelo e lasciatevi conquistare...e comu viene si cunta! Metti la giacca buona: https://www.amazon.it/Mettiti-giacca-buona-Mariella-Mauro/dp/8892635948/ref=sr_1_2?s=books&ie=UTF8&qid=1534953831&sr=1-2&keywords=mariella+di+mauro Cristina Pace https://www.facebook.com/KrillipseDixit/?ref=br_rs perchelodicekrilli.wordpress.com

giovedì 16 maggio 2019

Mariella Di Mauro: La Festa di San Filippo: la Calata

Mariella Di Mauro: La Festa di San Filippo: Erano passati ormai tre anni da quando Rosalia, o Lia, come tutti la chiamavano, andava da Cetta, una delle sarte di Calatabiano per i...

La Festa di San Filippo: la Calata

Erano passati ormai tre anni da quando Rosalia, o Lia, come tutti la chiamavano, andava da Cetta, una delle sarte di Calatabiano per imparare il cucito Fine. Erano gli anni 60 e in Sicilia le ragazze che giravano sole per il paese non erano ben viste, bastava uno sguardo o un saluto tra una ragazza ed un ragazzo che subito le sante e pie donne cominciavano a sciorinare rosari su rosari! E così, tutte le mattine, a turno, le madri delle ragazze che andavano dalla maestra di cucito o di ricamo come lavoranti, le accompagnavano per evitare brutti incontri! Giravano per tutto il paese e, ad una ad una, le ragazze si aggregavano al “Corteo” che otteneva nei ragazzi l’effetto contrario: a gruppetti le aspettavano per vederle passare, perché era l’unico modo per potersi scegliere la futura fidanzata. Nonostante alle giovani fosse raccomandato, dalle madri, di non alzare lo sguardo, loro lo facevano, ma in fondo era l’unico modo per capire, da una parte e dall’altra, se si piacevano, e poi si dovevano pur sposare! Di solito quando un ragazzo ed una ragazza si “adocchiavano”, per scambiarsi qualche bigliettino, l’interessata stava dietro e alla minima distrazione della loro “guardia”, coperti dalle altre compagne, avveniva lo scambio desiderato: naturalmente una parte importante aveva lo struscio delle mani nel passarsi i biglietti, i protagonisti non ci dormivano la notte dall’emozione! Andava avanti così per un mesetto fino a quando, chiaritisi un po’ le idee, il ragazzo decideva di chiedere al padre della ragazza il fidanzamento ufficiale. La cerimonia, perché di questo si trattava, a cui partecipavano tutti i parenti, avveniva la sera della festa di San Filippo Siriaco, santo protettore di Calatabiano, il sabato che precede la terza domenica di maggio. Già dalla sera del carnevale, Lia aveva conosciuto Tano, un lavorante presso Franco Raineri, il meccanico del paese. Era stata proprio Mela, la figlia di Raineri a dirle “ Guarda come ti squadra Tano Strazzeri, penso che tu gli piaci, lavora da mio padre”. Il pomeriggio seguente, al rientro dalla “Mastra”, la maestra di cucito, Tano si fece trovare sulla strada, insieme ad altri ragazzi del paese. Lia lo aveva avvistato subito anche se Mela le si era avvicinata per farglielo notare. Furono solo pochi istanti ma Lia e Mimmo si guardarono con molto interesse, e così continuò per quasi tutti i giorni. Certo, ogni giorno che passava lo sguardo di Mimmo diventava più infuocato e Lia al solo ricordo passava notti insonni, lo sapeva Piera, la sorella, che la sentiva rigirarsi nel letto. “ Che hai la notte – le diceva la mattina – che ti muovi nel letto come un verme? Non ne hai sonno? Cu tu fici passari?” Lia aveva già diciassette anni e per come si usava allora era già in età da marito, Mimmo ne aveva ventuno e conosceva già abbastanza bene la sua attività di meccanico, aveva un buon lavoro, volendo si poteva sposare. Un pomeriggio Mimmo, ancora con la tuta sporca del lavoro, si fece coraggio e le passò vicino e le diede un biglietto. – Sei carina, Lia, la notte da quando ti conosco non faccio che pensarti, continuamente. – Certo una frase casta, una volta c’era molta riservatezza da entrambe le parti! Ma quanto ardore nei suoi occhi! A Lia venivano i brividi al solo pensarlo. Man mano che passava il tempo il numero di bigliettini aumentava. Anche Lia rispondeva, frasi brevi, pieni di curiosità, passione, desiderio e pudicizia: una volta vergognarsi era un pregio, arrossire una sensibilità! A Pasqua, grazie ai riti e alle tante funzione in chiesa, che tutti i paesani seguivano, Mimmo e Lia si scambiarono qualche parola, si strinsero le mani, si abbracciarono, addirittura, il giorno di Pasqua Mimmo decise di farle gli auguri e di baciarla. Lia non si tirò certo indietro ma sua zia Pippina, sorella del padre, che aveva a casa due figlie bruttine e zitelle, andò a dirlo al fratello e scoppiò un putiferio. La chiusero a casa e per diversi giorni non la mandarono dalla sarta per paura che, come si usava allora, potessero mettere in atto la “fuitina”. Dopo due settimane dall’accaduto, Tano Limina, il padre di Lia, si fece accompagnare da un amico con la moto e si recò a Fiumefreddo, il paese vicino dove abitava Mimmo. Gli avrebbe potuto parlare a Calatabiano, preferì, però, andarlo a cercare lì per non mettersi in mostra in paese: “Accompagnami con la moto, di te mi posso fidare. In paese meno si sa e meglio è!” disse all’amico fidato. Trovò subito Mimmo, era seduto in piazza, sui gradini della chiesa, aveva ancora la tuta da lavoro, forse non aveva voglia di tornare a casa. Andò per incontrarlo e appena Tano fu avvistato Mimmo fu preso da alcuni secondi di panico: “Mi è venuto a cercare? Perché?” Vedendogli il volto travisato, Tano tranquillizzò subito il giovane “Tranquillo, ti voglio solo parlare, fidati.” Tano fu sintetico, non c’era bisogno di tanti giri di parole, voleva che i ragazzi si sposassero, non subito, in fondo non c’era premura. Si sarebbero fidanzati ufficialmente, con tanto di festa, il giorno della festa di San Filippo, naturalmente, e poi, con serenità, avrebbero deciso la data delle nozze. Mimmo era confuso, era paonazzo in volto, non capiva più nulla, passò dalla paura alla gioia di quanto aveva appena sentito. L’emozione lo fece rimanere zitto come un pesce tanto che Tano gli diede una pacca sulla spalla dicendogli “Ma la vuoi o no?!” “Si certo che la voglio” balbettò. E la cosa fu fatta.
Arrivò presto la festa del Santo, e meno male perché dal giorno di Pasqua Lia non ebbe più pace, non era solo sua madre a controllarla ma un intero paese: sembrava che aspettassero solo questo e non avessero altro da fare. Ma la festa era alle porte e da lì a poco le cose sarebbero un po’ cambiate, Lia avrebbe riacquistato l’onore! Era tradizione a Calatabiano fidanzarsi ufficialmente durante la festa più importante del paese e conosciuta in tutta la Sicilia…oggi anche oltre la Sicilia. Viene conosciuta con la definizione di “calata” di San Filippo Siriaco, una tradizione che risale al 1765 e che vede il ferocolo del Santo portato di corsa, a spalla, in pochissimi minuti, 6 per la precisione, da ben 100 devoti. Partono dalla chiesetta risalente al 1484 situata sul monte Castello e dove il santo esorcista viene riposto finita la festa. Il percorso, per chi non lo dovesse conoscere, è ripido e scosceso, la calata per chi assiste sembra una vera follia. Alla fine della discesa si procede fino alle porte di Calatabiano per una breve sosta e poi riprendere e poi concludere, la forsennata corsa, presso la chiesa matrice Maria Santissima Annunziata. Naturalmente questa corsa rappresenta la rievocazione di quello che il santo, un monaco esorcista, faceva in vita, cioè correva per inseguire i demoni fino all’inferno e dal quale, pare, ne uscisse tutto pieno di fuliggini tanto che l’odierna statua del santo ha il volto e le mani dipinti di nero. E’ bello vedere la gente che assiste, assiepata, fitta fitta, lungo il cammino del percorso folcloristico, l’adrenalina per la spericolata e pericolosa “calata” investe anche chi assiste! Poi, il simulacro raggiunge la chiesa matrice, al centro del paese, e la folla accoglie il Santo con il grido liberatorio “e chiamamulu tutti, viva San Fulippu”. Riposto il santo all’interno del Duomo in attesa del giro dell’indomani per le vie del paese, negli anni addietro avvenivano le feste di fidanzamento. Anche la festa di Lia e Mimmo si svolse come da rito! A casa di Lia, perché Mimmo abitava fuori Calatabiano, si organizzò per la festa. Sulla grande terrazza dei genitori della ragazza si sistemarono le sedie, molte delle quali furono prese in prestito dai vicini, e vennero posizionate tutte attorno a perimetrare il balcone, anche le piante che adornavano il luogo furono concesse dal vicinato, si usava così nelle feste. Man mano che la gente arrivava prendeva posto fuori, gioiosamente. Lia e Mimmo erano emozionati e a disagio, li fecero sedere vicini e al centro dello spazio dove tutti potevano vederli. Erano tesi: non erano mai stati così vicini e per così tanto tempo e sotto gli occhi di tutti. Poi, come da rito, una bambina, accompagnata dalle madri dei futuri sposi, portò l’anello di fidanzamento e il mazzo di fiori di seta che, da quel momento, avvolto in un cellophane, avrebbe accompagnato i due fidanzati prima e gli sposi dopo facendo bella mostra di sé in salotto per tutta la loro vita coniugale. I ragazzi si alzarono, Mimmo prese l’anello, che prima aveva consegnato, e lo mise al dito di Lia. Scrosci di applausi accompagnarono il gesto. Mimmo diede un bacio sulla guancia a Lia e dopo, insieme, fecero il giro del terrazzo per mostrare a tutti l’anello. Intanto le madri giravano con il vassoio dei dolci e dopo passavano con lo Zibbibbo, dolce e corposo, delizia del palato. Naturalmente tutto finiva con le danze, sempre tenendo continuamente sotto controllo i fidanzati.
A quei tempi si usava mettere alle calcagna della coppia dei bambini! L’indomani Lia e Mimmo in testa e dietro madre padre e fratelli, parteciparono al giro del Santo così l’intero paese venne a conoscenza di questo fidanzamento ufficiale. Lia indossava il suo bel vestito verde che la madre le aveva cucito per l’occasione, era per Calatabiano il simbolo del fidanzamento ufficiale, il vestito spiegava a tutti che il fidanzamento era avvenuto, ufficialmente. Al passaggio era un unico coro “Auguri, a quando le nozze” “la domenica dopo Pasqua dell’anno prossimo” era la risposta che i genitori prontamente davano. Mimmo ogni tanto si bloccava e guardava negli occhi Lia e subito veniva raggiunto dal vocione di Tano, il padre, “caminamu carusi, caminamu”… non sarebbe stato un anno facile ma con impegno ci sarebbero riusciti: si amavano. La settimana successiva, l’ottava, ci fu la risalita del santo, “l’acchianata”, percorso inverso, ancora più difficoltoso della “calata”, sempre seguito dai fedeli con molta commozione e estenuante fatica dei devoti portatori. Proprio perché il percorso è molto ripido, in certi momenti la folla grida per la paura che, San Filippo, ondeggiando, possa arrivare a terra: in alcuni tratti la fiumana sostiene i portatori per l’immane sforzo. E proprio durante questo parapiglia che successe un fatto assolutamente inaspettato. Nell’ultimo mese, presi dalla preoccupazione di Lia, si dimenticarono che Piera, più piccola di quasi due anni, era un tipino carino e, soprattutto, peperino. Nessuno si accorse che ogni giorno in piazza il figlio del macellaio, Orazio Turnaturi, si faceva trovare sulla porta della bottega sorridente e impomatato. Un paio di volte, addirittura, Piera riuscì a farsi mandare in macelleria perché era pronto un pacchetto con la carne ordinato dal padre la sera prima. Fatto fu che mentre tutti erano attenti al fercolo che con fatica faceva rientro alla chiesa del S S Crocefisso, Piera, sapendo che mai si sarebbe potuta fidanzare se prima la sorella non si fosse sposata, come da accordi furtivi con Orazio, fece la “fuitina” e andò via con lui nella vicina Taormina, con la moto del ragazzo. Inutile dire che i parenti interessati non si accorsero subito del fatto se non dopo che San Filippo era entrato nella chiesetta. Ci fu un trambusto inimmaginabile. Prima i genitori cominciarono in silenzio a cercare la figlia, lasciando i fidanzati al figlio di dieci anni, poi, rendendosi conto che qualcosa non quadrava cominciarono a chiamarla a gran voce con un crescendo folle. Serpeggiò subito in loro che qualcosa era avvenuto, si resero conto che avevano tralasciato l’attenzione verso Piera. Naturalmente non immaginavano con chi potesse essere andata. Tornarono a casa come cani bastonati, sotto gli occhi di tutti, per la vergogna. Se non avessero avuto notizie, l’indomani sarebbero andati dai carabinieri. Nessuno a casa andò a dormire per lo sconforto, anche perché, come per un lutto, i vicini aspettavano con loro. Verso la mezzanotte bussarono alla porta i genitori di Orazio comunicando che il loro ragazzo li aveva chiamati dicendo che Piera era con lui e che erano felici e al sicuro. Il silenzio cadde nella stanza. Adesso Tano Limina aveva due figlie da sposare: una subito e l’altra… l’altra avrebbe aspettato un po’ di più. Povera Lia!

mercoledì 15 maggio 2019

Marinella Fiume

Intrigante la presentazione del libro di Marinella Fiume "Ammagatrici" alla Mondadori Bookstore di Acireale.Un libro di racconti surreali dove sirene, dee greche, erboriste e streghe interagiscono con personaggi reali. . .

domenica 12 maggio 2019

La Madonna dell'Oreto

Ad Aci San Filippo, in provincia di Catania, c’è una piccolissima costruzione vetusta dedicata alla Madonna dell’Oreto, con la speranza che la struttura venga valorizzata e riqualificata e che gli affreschi dell’interno vengano restaurati. Si stima che la costruzione della piccola chiesa provenga da fede devozionale di Palermitani locati ad Aci e risalga al 1589. Prende il nome dal fiume Oreto che transita proprio a Palermo e nelle cui acque furono tratti in salvo alcune persone in procinto di annegare, attribuendo la loro salvezza alla Madonna. Da qui Madonna dell’Oreto. La chiesetta è di piccole dimensioni probabilmente dipinta da Jacopo Ligozzi, pittore, che restaurò la Madonna in todos. Un tempo usata per “datio” per coloro che arrivavano in paese, in seguito al terremoto del 1693, con la distruzione parziale della chiesa principale, venne usata per la celebrazione dei riti sacri. Attualmente vi si sono riscontrati i disegni di drappi alle pareti laterali celati da ben due strati di pittura che come in un abbraccio arrivano fino all’icona della Madonna.

sabato 11 maggio 2019

Hotel Trinacria

Presentazione di HOTEL TRINACRIA presso l'Università Popolare con Angelo Pagano e Gabriella Puleo

giovedì 9 maggio 2019

Per ricordare Aldo Moro: tratto dal racconto Martina "STORIE di ordinaria borghesia"

...Martina passò una notte infernale, nausea a non finire, mal di testa per la giornata passata, ma soprattutto furono le sensazioni che non la fecero dormire. Stava per sposare Giuliano, il suo sogno: lo amava, ma, soprattutto, sarebbe entrata nel grande mondo. Una paura, però, la attanagliava, lo sguardo del suo futuro sposo era gelido e feroce, il solo pensiero le mozzava il respiro. I giorni che seguirono furono un rincorrersi di giri per gli antiquari, ricerche di mobili, di suppellettili, di vestiti, compreso, naturalmente, quello da sposa. Giuliano non si vedeva mai, non telefonava, raramente rispondeva al telefono. Per la ricerca del necessario si era mobilitata tutta la famiglia, i tempi erano stretti e si doveva scegliere bene: non si doveva rischiare di sfigurare né con la famiglia di Giuliano, né tanto meno con i loro conoscenti catanesi. Una mattina, mentre si trovavano alla prova dell’abito da sposa, l’atelier entrò in subbuglio, era il 16 marzo del 1978, le BR, a Roma, avevano rapito Aldo Moro, presidente della DC, per catturarlo avevano sterminato la sua scorta composta da cinque agenti. Non solo quel negozio ma tutta la città, tutto il Paese rimase sotto shock! Un evento così violento fece nascere negli italiani una folle paura, come se la stessa minaccia incombesse su tutti! Ancora oggi, Martina; pensando a quel periodo così particolare della sua vita, non riesce a staccarlo da quell’evento. Intanto si era stabilita la data del matrimonio: il 10 di maggio. Si era scelto il sontuoso albergo il famoso San Domenico di Taormina per il rinfresco, la Cattedrale di Acireale, per celebrare il rito. Era la vigilia del matrimonio e a casa di Martina c’era caos perché Giuliano non si faceva trovare da diversi giorni, come ad alimentare il tutto arrivò il fratello di Martina annunciando che era stato ritrovato il cadavere di Moro nel cofano di una Renault 4 rossa tra le sedi PCI e DC. Si passò buona parte del pomeriggio appiccicati allo schermo, attoniti: l’evento fece dimenticare a tutti Giuliano, solo Martina era precipitata nello sconforto, si sarebbe presentato l’indomani al matrimonio? Si, puntuale era lì sulla soglia della Basilica, sorrideva, ma solo con i muscoli, il resto era immerso nell’inferno. Passato il matrimonio gli sposi si stabilirono nella nuova casa, Giuliano comunicò subito a Martina che per il momento preferiva dormire da solo perché non voleva disturbarla nel suo stato, le proteste di lei furono vane non riuscì, infatti, a fargli cambiare idea. Da quel giorno la vita per Martina fu un inferno...

mercoledì 8 maggio 2019

Parigi non è una città è un mondo 2

Naturalmente, rilevante per la città fu la sua crescita demografica che derivava, soprattutto, dalle attività mercantili che non erano frutto di produzione propria ma di scambi commerciali. Il commercio si svolgeva, in prevalenza, attraverso la via fluviale della Senna. E’ grazie alla circolazione fluviale che i “mercanti dell’acqua” raggiunsero un’elevata potenza sociale. Parigi, dal momento della sua nascita, volgeva verso il fiume, e così magazzini, mulini, taverne, utilissimi nel commercio, si moltiplicarono di anno in anno e diedero sempre più vita al territorio urbano: praticamente era un grande cantiere in continua evoluzione. La città, quindi, crebbe in modo febbrile, per certi aspetti caotico. Parigi, nel medioevo, è un comune che si fa fatica ad attraversare a causa del reticolo di strade strutturate sull’antico cardo romano, cioè una via centrale che la percorreva nord-sud e altri lotti quadrangolari che rappresentavano i vari isolati. Era divisa in riva destra, la rue Saint-Denis e, riva sinistra, la rue Saint-Jacques. Per poter passare da una riva all’altra era un’impresa non comune. Fino al Quattrocento, Parigi, era dotata solo di due ponti che rendevano difficilissimo l’attraversamento dei numerosi carri o delle carrozze. In più i ponti fatti in legno, subivano frequenti crolli perché su di essi costruivano delle abitazioni. Passati il primo ponte si doveva attraversare la ragnatela delle viuzze dell’Ile de la Citè, il cuore di Parigi, e dopo avventurarsi verso l’altro ponte. Ma il dedalo di viuzze non era l’unico problema di Parigi, la vita era difficile anche per la presenza nel territorio di numerose bande appartenente alla malavita, composte da tipologie variegate di persone, senza fissa dimora, senza occupazione, senza scrupoli. Alcune bande erano grandi, ad esse appartenevano, prevalentemente, soldati rimasti disoccupati dopo la fine della guerra dei Cent’anni. Alcune altre, invece, erano costituite da religiosi, a causa di un numero elevato di candidati a cariche e benefici ecclesiastici molti ne rimanevano fuori e vivevano di qualsiasi espediente. C’erano, anche, molti preti erranti da una parrocchia all’altra, che vivevano esattamente come dei randagi. Le liti per le strade erano frequenti, soprattutto all’uscita delle taverne frequentate dagli sbandati e dalle prostitute, e se nella lite moriva qualcuno, l’uccisore, per sfuggire alla giustizia, rimaneva a vagabondare nei vicoli della città. Erano diffusi anche gli scioperi e i conflitti politici violenti. Nel XV secolo anche la famosa Università di Parigi attraversò una forte crisi, anche se, è giusto puntualizzare, erano presenti in città più della metà degli 8.000 studenti di tutta la Francia: centralizzazione degli studi presente anche oggi. La stessa centralizzazione è presente per la moda, la cucina, i teatri, la musica, le notti parigine. E’ proprio tutto questo che ha fatto e fa di Parigi un Paradiso terrestre, essa è “Il bello e chiaro sole di Francia”.

domenica 5 maggio 2019

Cristina Pace

A tu per tu con Cristina Pace. Cristina Pace, blogger sui media, conosciuta da tutti per il suo blog “Perché lo dice Krilli” dove promuove i libri di autori emergenti. - Cristina, da quanto tempo hai intrapreso questo percorso e da dove nasce la passione dei libri? Aloha e grazie per questo spazio🤗 il blog ha appena compiuto 4 anni, la mia passione nasce grazie a mia madre che è sempre stata una lettrice accanita. Casa nostra è sempre stata piena di libri la vedevo ammalata dalle storie che leggeva e volevo anche io perdermi nelle emozioni...
- Come fai ad intuire che un autore può essere bravo? Dalla terza riga del suo romanzo...scherzo, per me un autore è bravo se le sue storie mi trasmettono delle emozioni e se riesce a farmi entrare nella testa dei suoi personaggi, inoltre deve azzeccare congiuntivi e condizionali 💪🙄 - Dal web intuiamo ed immaginiamo, ma tu, di fatto, dove vivi e dove ti sei formata dal punto di vista dei valori e delle tradizioni culturali? Sicula sono, dai forti valori e incuriosita dal mondo, mio nonno era un poeta e cantastorie, scriveva e raccontava, mia nonna e mamma hanno seguito le sue orme e a quanto pare seppur in chiave moderna i am not that far from tree😉
- Nella vita fuori dal web cosa fa Cristina? Impiegata di giorno, sono una delle coordinatrici del progetto de I Libri di Ballarò e blogger di notte😍 - Recensisci diversi generi, ma tu ne hai uno che prediligi? Shhhh se lo dico in giro mi faccio uccidere... - Qual è il sogno nel cassetto di Cristina da grande? Continuare a fare tutto quello che faccio e anche di più...ormai non potrei più smettere😎 Grazie Cristina. Piace sapere qualcosa di più dei personaggi di cui leggiamo sul web,,,e tu sei un personaggio!!!!

sabato 4 maggio 2019

Parigi non è una città è un mondo! 1

Sentenziò Victor Hugo: “ Quando Parigi è sofferente, tutto il mondo ha mal di testa”. Questa frase la dice lunga su cosa abbia rappresentato nei secoli e tutt’oggi, ancora, rappresenta Parigi, nel mondo. La città si è sviluppata in una posizione molto favorevole, tra le isole e la pianura formata dalla Senna con attorno alcune alture che, negli anni a venire, diventarono Montmartre, Menilmontant, Montagne Sainte Genevieve… La borgata, che portava il nome di Lutezia (cioè acquitrino), si formò sulle rive del fiume attorno all’isolotto dove, qualche secolo dopo, sorse Notre-Dame de Paris. La collocazione era importante perché nel fiume si poteva navigare, le alture servivano come “ torri ” di avvistamento, gli isolotti, essendo vicini, facilitavano il passaggio da una riva all’altra, la pianura era molto fertile, grazie, sembra, alla sabbia della Senna. Nel 53 a. C., Cesare assediò la tribù dei Parisi vincendoli, e pare che, fermando il suo cavallo, puntando il suo indice verso l’isola che aveva davanti, dove sorgeva il borgo dei Parisi, disse: - Questa sera pianteremo le nostre tende là.” La sorte della capitale era segnata. Questo insediamento fu poi chiamato Lutetio Parisiorums. Da questo momento in poi furono tante le sue vicissitudini. Fu capitale dei Franchi fino a Carlo Magno che, invece, preferirà portare la sua sede ad Aquisgrana, ma nonostante questo i parigini lo amarono alla pari di Napoleone. Nel IX secolo, Parigi, dovette difendersi dai numerosi attacchi dei Normanni che nell’845 la saccheggeranno spietatamente: i barconi dei Vichinghi ripartirono portandosi via di tutto, compresi alcuni tetti preziosi di alcune chiese, e questa profanazione fu la prima di una lunga serie. Nell’888, l’elezione del conte di Parigi Eudo (Oddone) a re di Francia assicurò il trionfo della città. Da questo momento in poi, inizia la sua vera “costruzione”: pavimentazione delle strade, quadro monumentale in aumento. Alla fine del regno di Carlo V vennero allargate le mura di cinta della riva destra. Notre Dame, consacrata nel 1182, dominava la parte orientale dell’isola… insomma, Parigi, per secoli, fu un’esplosione di lotte politiche e di costruzioni uniche e monumentali.

giovedì 2 maggio 2019

Hotel Trinacria

Questo il link di acquisto https://www.youcanprint.it/fiction-generale/hotel-trinacria-9788831601337.html

mercoledì 1 maggio 2019

Presentazione Hotel Trinacria

Lunedi 6 maggio presso i locali dell'UPGC all'Istituto San Luigi Acireale. Presentazione aperta al pubblico.