giovedì 28 febbraio 2019

Finalista al concorso Impavidarte

Mettiti la giacca buona finalista al concorso Impavidarte" "

Lo cerchiamo

Oggi sono iniziate le ricerche della gente. Ognuno, col cuore o con i propri occhi e mani, vuole impegnarsi affinché i suoi AFFETTI possano pensarlo collocato al riparo. Così, finito di vagare nel buio tortuoso delle aspre onde, il conforto dei cuori possa abbracciarlo e condurlo a Te.

martedì 26 febbraio 2019

AKISREGALE

Il nuovo Akisregale, in una pagina tante cose: la gioia per la presentazione del mio libro e la tristezza per i nostri giovani scomparsi.

lunedì 25 febbraio 2019

Acireale a LUTTO

Immensa tristezza per tutto il popolo acese: tre giovani ragazzi finiti in mare con la loro macchina mentre si trovavano sul molo di Santa Maria la Scala, un'onda, più forte delle altre, si è portato via l'autovettura e le tre giovani vite.

venerdì 22 febbraio 2019

Progetto" Gli autori leggono gli autori"

A maggio saranno due anni dalla realizzazione di questo progetto. Ideatori prof. Alfonso Sciacca con l'allora assessore alla cultura Antonio Coniglio. Sindaco Roberto Barbagallo. Nella foto anche il prof Salvo Valastro. Momenti forti e indimenticabili.

martedì 19 febbraio 2019

Carnevale in palestra

- Ci mancava solo la pioggia – pensò Michela. Si era messo a piovere a dirotto, appena si era fermato quel ventaccio che aveva disturbato tutto il primo pomeriggio, le nuvole avevano preso il sopravvento e…giù la pioggia. – Giusto il giovedì grasso – pensò Michela. L’acquazzone non durò molto e così il carnevale di Acireale poté svolgersi tranquillamente per tutti. Tra non molto si sarebbero esibiti per le vie della città gli artisti di strada: acrobati, maghi, giocolieri…tutto per rendere sfavillante quelle giornate di festa e di allegria. Ma il pensiero di Michela oltrepassava questi momenti, pensava alle giornate clou, quando avrebbe potuto muoversi indisturbata tra la folla e in maschera fare quello che voleva. Da oltre un anno frequentava questa palestra, era un impegno ed una distrazione per lei. Le importava molto tenersi a posto con il fisico, era determinata a modellarlo giorno dopo giorno. E così, impegni familiari e di lavoro permettendo, appena poteva era lì in prima linea nei corsi, e quando bastava tempo nella sala pesi per lavorare sui muscoli. Era bella Michela, alta, magra, occhi grandi e accattivanti. Non era acese ma aveva cominciato ad amare la città quasi come se ci fosse nata. Proveniva da un paese della provincia di Catania ma lontano dal centro e dalle menti più libere e così, frequentando l’università di Catania, decise che doveva rimanerci in questa zona, dove non avvertiva l’oppressione del paese, degli altri, dei benpensanti, della madre che “non farlo perché se lo sa tuo padre… nooo, che figura fa tuo padre!”. In prossimità della laurea, durante una giornata passata nella casa al mare della sua amica a Santa Tecla, conobbe Davide, giovane imprenditore che lavorava nell’azienda di famiglia, anche lui ospite della casa. Era logico che si mettesse a corteggiarla, lei si faceva guardare e a Michela non dispiacque. Cominciarono a vedersi il più delle volte a Catania anche se lui era acese. Poi Michela si laureò e subito dopo si rese conto di essere incinta. La cosa la terrorizzò fino all’inverosimile, era stata così presa dallo studio che aveva considerato quella relazione come uno svago che adesso si era fatto terribilmente serio e tragico. Davide fu sorpreso ma non si tirò indietro – possiamo sempre sposarci, in fondo abbiamo l’età giusta per poterlo fare, siamo giovani ma non ragazzini!- Ma non c’era entusiasmo nelle sue parole, sembrava più una resa, Michela aveva pensato diversamente il futuro ma il gioco le era sfuggito di mano. Fu difficile comunicarlo ai suoi ma davanti al matrimonio essi parvero calmarsi – Sposatevi in fretta prima che si sparga la voce in paese, tuo padre non ci farebbe una bella figura.- Non era lei l’interessata, ma suo padre. Andarono a vivere ad Acireale in una bella casa, cominciò a cercare lavoro, a crescere suo figlio Alberto, a cercare degli amici: suo marito lavorava e rimaneva spesso da sola, e anche quando c’era non era una grande compagnia. Negli anni la sua vita non andava proprio bene. La palestra a poco a poco fu il suo rifugio e da quando aveva iniziato a frequentare quest’ultima si trovava proprio bene. Cercava fin che poteva di partecipare a tutte le iniziative e così si sentiva più confortata. Cominciò a farsi delle amiche e anche degli amici, Leonardo, in particolare, si avvicinò parecchio a lei. Capitava che prendessero un caffè o una tisana e che si fermassero a chiacchierare dopo la sala. Michela non se ne rendeva conto ma il suo cuore gelido si stava inesorabilmente sciogliendo. Leonardo aveva quarant’anni e da oltre dieci era titolare di alcuni negozi in franchising, l’attività procedeva bene e riusciva a ritagliarsi degli spazi per la palestra. Fu proprio lui a organizzare il gruppo in maschera per carnevale. I più interessati si riunirono più volte per discutere e scegliere il tema e approvare i soggetti che man mano venivano proposti. Si discuteva, tra l’altro, per le scelte fatte dalla fondazione del carnevale insieme al sindaco di non far girare i carri, e di utilizzare quelli dell’anno prima visto che il maltempo insistente non aveva permesso loro di eseguire le loro esibizioni. Le polemiche erano tante e aspre, agli acesi non piaceva questa scelta, non era mai accaduto che si mostrassero gli stessi carri dell’anno precedente, mai! E le macchine infiorate? Per quest’anno non ci sarebbero state. Un nuovo progetto li avrebbe viste esibirsi il 23, 24 e 25 Aprile: i carri per la festa della liberazione! Ma le critiche del gruppo e della città tutta non bastarono a fare cambiare rotta e la macchina organizzativa partì. Leonardo, Michela e il gruppo tutto erano pronti e il progetto venne attuato. Si sarebbero chiamati “Carnevale in palestra” e il tema scelto fu “Animali e personaggi del circo”. Gli incontri per la realizzazione dei costumi avvicinò ancora di più Michela e Leonardo e una sera mentre lui l’accompagnò alla macchina a lei caddero le chiavi si abbassarono contemporaneamente a prenderle, così vicini, lui la baciò e a lei mancò il terreno sotto i piedi, sembrava che dovesse perdere i sensi. Andò via verso casa che si sentiva il sangue alla testa era stordita ma era già tardi e arrivata a casa si mise subito ai fornelli chiudendo dentro di sé i suoi sentimenti e le sensazioni. La mattina appena sveglia gli si presentò davanti agli occhi quel bacio e un brivido le percorse la schiena. Sapeva che lui non si sarebbe più fermato e…neppure lei. Arrivò, alla fine, la giornata dell’esordio, tutti erano entusiasti. I vestiti erano ben riusciti. C’era il domatore di leoni con i leoni al seguito, l’incantatore di serpenti con i serpenti, gli elefanti con due domatori, gli acrobati, i lanciatori di coltelli, e poi tanti tanti pagliacci che giravano in tondo suonavano trombe, tamburi, giocavano con il pubblico. Leonardo e Michela erano proprio due pagliacci. – Muoviti più che puoi. Non stare mai nello stesso posto – disse Leonardo a Michela – cosicché nessuno possa dire dove ti trovavi. Al secondo giro, all’altezza dell’ex bar Castorina, al corso Savoia, al mio segnale comincia a correre verso di me ma non accanto, andremo insieme a casa di mia sorella a pochi metri da lì, lei è in viaggio. Sarà il nostro momento, finalmente!- Scoppiava il cuore di lei, batteva più forte di un cavallo lanciato al galoppo, ma non indietreggiò, la sua vita arida avrebbe avuto un senso, avrebbe sentito l’adrenalina: lo stesso batticuore che stava vivendo era passione. Era felice Michela, si spostava da un punto all’altro del rettangolo a loro attribuito, rideva, scherzava: però non fingeva, era davvero felice, pensava solo a questo. Quando già il sole era calato da un pezzo arrivarono al punto stabilito. Leonardo le passò accanto toccandole la spalla lei si girò e capì. - E’ ora, sono pronta – pensò. Si girò e dritta cominciò a seguire a distanza il suo amore. Poi cominciò a correre a perdifiato. – Finalmente – pensò – sto facendo una pazzia per amore -. dopo pochi secondi imboccò il portone dove era entrato Leonardo senza esitazione vi entrò e lì sparì. L’amore era lì che l’aspettava. Mariella Di Mauro

Il mio nuovo libro "Hotel Trinacria" già in vendita in tutti gli store on line e nelle librerie di Acireale

venerdì 15 febbraio 2019

L'amore di Natale ultima parte





In silenzio filano fino ad arrivare nel luogo dove Turi aveva legato l’asino con il carretto, vi salgono sopra e scappano. Nei pressi della chiesa Mena si rende conto che la figlia non è più con loro  né con gli altri che si recano alla messa. Grida, la chiama, impreca…ma non accade nulla. Il marito decide di cercarla in giro e chiede aiuto agli altri uomini: si dividono, girano per le viuzze, guardano nei cortili, nei pollai, nelle stalle… nulla. Si radunano davanti alla chiesa, sconfitti, uno dice –Puddu, questa è di sicuro una fuitina!- Puddu si imbestialisce, il suo piano per l’indomani era andato in fumo. – Malu Natali – dice, - come lo dico a Mena, mi ammazza! - Si avvicinò Angelo, il pastore e quasi timidamente disse – E’ con Turi, mio figlio, ho cercato di dissuaderlo, ma tutti e due hanno perso la testa. Beata gioventù! – Nuccia e Turi, intanto, abbracciati e felici andavano verso Milo dove il cugino di Turi li aspettava e aveva preparato per loro una stanza. Gli altri, i genitori, il paese, erano ormai lontani dai loro pensieri, erano felici, al resto ci avrebbero pensato dopo. – Ecco Mario,  mio cugino. – disse Turi a Nuccia. - Ragazzi, ben arrivati, entrate. Buon Natale! -  
Mariella Di Mauro

mercoledì 13 febbraio 2019

L'intervista che mi ha fatto Andrea Giostra



Mariella Di Mauro, scrittrice e giornalista, ci parla del suo ultimo romanzo Hotel “Trinacria”.
Intervista di Andrea Giostra.

Ciao Mariella, benvenuta e grazie per la tua disponibilità. Sei una scrittrice e una giornalista. Come ti vuoi presentare ai nostri lettori? Chi è Mariella nella sua professione e nella sua passione per l’arte dello scrivere?

Ciao Andrea e grazie per l’attenzione che mi riservi. Io sono di Acireale, mi sono laureata a 24 anni in pedagogia e ho cominciato a lavorare come supplente di lettere nella provincia di Catania. Contemporaneamente ho iniziato a studiare teologia arrivando al titolo di studio. Ho avuto, sin da subito, la possibilità di avere un incarico come insegnante di Religione ed ho accettato e, a tutt’oggi, insegno in un istituto tecnico della mia Acireale. Scrivo da quindici anni con delle riviste locali, una è Akisregale. Ho iniziato con degli articoli di storia medievale, che è la mia passione, poi, per un’altra rivista, ho scritto articoli a carattere culturale che riguardavano, in particolare, le caratteristiche di Acireale. Mi diletto, anche, a fare delle interviste a personaggi di spicco della mia città o delle vicinanze. Solo dopo un po’ di tempo mi è venuta la voglia di raccontare qualcosa, di vissuto o frutto della mia fantasia: ogni storia, però, deve avere un luogo, quel luogo è sempre la mia amata terra, la Sicilia.

Recentemente hai pubblicato Hotel “Trinacria”, con un portale di self publishing. Vuoi raccontare ai nostri lettori come nasce la storia di cui parli e di cosa tratta? senza ovviamente spoiler?

Le vicende narrate nel romanzo Hotel “Trinacria” si inseriscono in un contesto storico e culturale ambientato nella seconda metà del secolo diciannovesimo in un’area geografica compresa tra le Città di Messina e di Acireale. Matteo, il protagonista del romanzo, giovane commesso in una gioielleria nella Città dello Stretto, vive una esperienza personale che lo porta a maturare una introspettiva analisi della visione della realtà e a prendere consapevolezza e coscienza della propria condizione umana nei confronti del proprio “io”.

In Italia si pubblicano ogni anno poco meno di 70 mila nuovi titoli, la media ponderata di vendita di ogni nuovo titolo è di circa 50 copie, mentre chi legge effettivamente l’opera letteraria acquistata non supera il 10%, il che vuol dire che delle 50 copia vendute solo 5 copie vengono effettivamente lette da chi acquista in libreria o nei distributori online. Partendo da questo dato numerico, che per certi versi fa impressione e ci dice chiaramente che in Italia non si legge o si legge pochissimo, secondo te cosa si dovrebbe fare per migliorare questa situazione? Cosa dovrebbero fare gli editori e gli autori per far aumentare il numero dei lettori e degli appassionati ai racconti e alle storie da leggere?

Personalmente, credo, che quasi tutti quelli che hanno acquistato i miei libri li abbiano letti… ne ho avuto il riscontro. Magari quei pochi che ho regalato non sono stati tutti letti! Per quanto riguarda come migliorare questa situazione stagnante non credo di potere avere una risposta. Io posso dire che i miei libri sono abbastanza piccoli e quindi di facile lettura, anche se ci sono persone, invece, che prediligono storie molto lunghe. Ho una scrittura, così mi dicono, semplice e accessibile a tutti. Inserisco le mie storie in contesti belli, noti, storici, e racconto la nostalgia di un’epoca o di momenti che non ci sono più. Mi documento, naturalmente, quando scrivo. Spesso si leggono delle cose che rasentano il fantasy, anche da autori che pubblicano con delle case editrici: mi chiedo se questi leggono ciò che pubblicano!

Quali sono secondo te le caratteristiche, le qualità, il talento, che deve possedere chi scrive per essere definito un vero scrittore? E perché proprio quelle?

A volte finisco un libro perché devo o perché mi piace capire fino alla fine, cioè mi stanco subito. Penso che uno scrittore vero, deve prendere il lettore dall’inizio alla fine. Questo deve avvenire con molta maestria e con l’arte di chi sa raccontare, che non è facile.

Gino de Dominicis, grandissimo genio artistico del secolo scorso, dei critici diceva … «…che hanno dei complessi di inferiorità rispetto agli artisti. Sono sempre invidiosi. È una cosa che è sempre successa. C’è poco da fare.» (Intervista a Canale 5 del 1994-95). Tu cosa ne pensi di questa affermazione? Cosa pensi dei critici letterari?

Fare il critico è un’arte come fare lo scrittore: ma non è difficile, penso, essere prevenuti. Succede anche a scuola quando interroghi un alunno rispetto ad un altro! Complessi di inferiorità, magari, è una parola grossa.

Perché secondo te oggi è importante scrivere, raccontare con la scrittura?


Oggi, sempre più, ci si sente protagonisti in questo mondo, lo vediamo dal successo che hanno avuto ed hanno i social. La gente comune ha una finestra nel mondo e comunica, bene o male ma racconta agli altri come interpreta la vita. Lo scrittore, allo stesso modo, racconta al mondo la vita di altri e cerca di suscitare nei lettori i sentimenti di questi personaggi.

Charles Bukowski a proposito dell’Arte diceva… «A cosa serve l’Arte se non ad aiutare gli uomini a vivere?» (Intervista a Michael Perkins, Charles Bukowski: the Angry Poet, “In New York”, New York, vol 1, n. 17, 1967, pp. 15-18). A cosa serve l’Arte della scrittura, della narrazione, del raccontare, dello scrivere, secondo te?

Chi sa scrivere regala un sogno a chi non lo sa fare o lo porta ad esplorare luoghi, anche figurati, impensati.

Sempre Charles Bukowski, a proposito dei corsi di scrittura diceva … «Per quanto riguarda i corsi di scrittura io li chiamo Club per cuori solitari. Per lo più sono gruppetti di scrittori scadenti che si riuniscono e … emerge sempre un leader, che si autopropone, in genere, e leggono la loro roba tra loro e di solito si autoincensano l’un l’altro, e la cosa è più distruttiva che altro, perché la loro roba gli rimbalza addosso quando la spediscono da qualche parte e dicono: “Oh, mio dio, quando l’ho letto l’altra sera al gruppo hanno detto tutti che era un lavoro geniale”» (Intervista a William J. Robson and Josette Bryson, Looking for the Giants: An Interview with charles Bukowski, “Southern California Literary Scene”, Los Angeles, vol. 1, n. 1, December 1970, pp. 30-46). Cosa pensi dei corsi di scrittura assai alla moda in questi anni? Pensi che servano davvero per imparare a scrivere?

Io non ho mai partecipato non solo perché sono un’insegnante di lettere ma perché ho trovato semplice, con il mio stile, scrivere. Penso, però, che se uno ha fatto percorsi diversi sia interessante ed utile parteciparvi. Spesso, questi corsi, aiutano a soffermarsi su particolari o aspetti della quotidianità che, magari, da soli non si riesce a vedere, infatti si chiamano corsi di scrittura creativa. Penso che possano essere importanti per tutti e soprattutto per i giovanissimi che normalmente non sognano, visto che la società serve loro tutto pronto su di un vassoio. Io nella mia vita per due volte ho fatto un corso di pittura. Quando li frequentavo, e per molto tempo dopo, la mia vita cambiava. Al corso ti insegnano, oltre che alla prospettiva, a capire da dove arriva la luce. Ecco questo, per magia, ti fa vedere il mondo diverso. Di colpo guardi le nuvole, il loro colore e di come esse si specchino sulle acque del mare, cambiandole. O di come gli alberi o le case cambiano a seconda se il sole sta sorgendo o tramontando. Allo stesso modo se chi gestisce il corso di scrittura è bravo insegnerà le emozioni e i sentimenti a chi si appresta a scrivere.

Quali sono i tuoi prossimi progetti e i tuoi prossimi appuntamenti? A cosa stai lavorando e dove potranno seguirti i tuoi lettori e i tuoi fan?

Intanto devo portare avanti questa nuova creatura, Hotel “Trinacria”, cosa non facile, non so se piacerà. Recentemente ho creato un mio blog per raccontarmi, anche se non amo troppo parlare di me, postare i miei articoli, i miei racconti, le cose o i pensieri che mi piacciono. Poi continuerò la mia attività di giornalista che tanto mi dà da fare. Mi piacerebbe molto raccontare una vicenda durante la festa di Sant’Agata, ci sto pensando, oppure una storia durante la Seconda guerra mondiale. Vediamo.

Un’ultima domanda Mariella. Immaginiamo che tu sia stata inviata in una scuola media superiore a tenere una conferenza sulla scrittura e sulla narrativa in generale, alla quale partecipano centinaia di alunni. Lo scopo è quello di interessare e intrigare quegli adolescenti all’arte dello scrivere e alla lettura. Cosa diresti loro per appassionarli a quest’arte e catturare la loro attenzione? E quali le tre cose più importanti che secondo te andrebbero dette ai ragazzi di oggi sulla lettura e sulla scrittura?

Ai ragazzi direi e dico, tutti i giorni, che per scrivere si deve conoscere bene e fare esperienza. Che ogni cosa deve essere ponderata e accertata e poi, per scrivere bene, si devono chiudere gli occhi ed immaginare. “Immaginate di trovarvi in un bosco. È mattina o sera? Sono alberi alti o bassi? Vi sentite a vostro agio o avete paura? Immaginate di stendervi a terra, cosa sentite? Avete freddo? Quali sono i rumori che avvertite? Sentite dei passi? ...”

Mariella Di Mauro
@marielladimauro

Andrea Giostra
https://andreagiostrafilm.blogspot.it

giovedì 7 febbraio 2019

Mettiti la giacca buona

L'ANTEFATTO



‘Gnazio si era svegliato più presto del solito quella mattina, il giorno avanti, tornato dal lavoro, aveva trovato suo padre sulla soglia della porta che lo aspettava. Capì che c’era qualcosa di nuovo, infatti, appena lo vide il padre lasciò l’uscio e gli andò incontro portandolo nella vicina trazzera, dove non c’era gente in ascolto. Aveva visto Tina, sua madre, sbirciare dalla finestra e ritrarsi subito accorgendosi che lui l’aveva vista, comprese, così, che era al corrente di ciò che suo padre gli doveva dire, ma che non era compito suo essere presente così come era giusto fare dalle loro parti. - ‘Gnazio – gli disse Vicenzo, il padre, - ho parlato oggi con Maro Saitta ed è disposto a farti sposare sua figlia Lucia, la grande, pensiamo che prima di Natale la cosa si può fare, sei contento? –  ‘Gnazio sapeva che prima o poi questo momento doveva arrivare, però non capiva se ne era contento, non conosceva la figlia di Maro, del resto anche se non lo fosse stato la cosa era ormai fatta e non era certo la sua risposta che avrebbe cambiato qualcosa. – Va bene – disse - che devo fare? - - Mettiti la giacca “buona” e più tardi andremo in piazza a parlare con Maro. – Tornarono verso casa in silenzio, sua madre li stava aspettando e appena li vide andò incontro a ‘Gnazio e lo baciò. Anche Vincenzo e Tina, i genitori di ‘Gnazio, si erano sposati così, furono i genitori a decidere e dopo due settimane li fecero sposare. Tina aveva appena sedici anni quando conobbe Vincenzo, sapeva che doveva sposarsi ma la cosa non era ancora nei suoi pensieri, aiutava la madre ad accudire i suoi cinque fratellini e se le rimaneva il tempo si metteva a ricamare. All’età di tredici anni era stata mandata ad imparare a fare ricami e con i pochi spiccioli, che in seguito cominciò a guadagnare, aiutava i genitori ad apparecchiare la tavola per loro e per la nonna paterna che viveva con loro, ma erano pochi. Quando poi ebbe quasi sedici anni la madre le disse di ricamare per lei e farsi il suo corredo. Poi le fecero conoscere Vincenzo e, come sempre aveva fatto, ubbidì ai genitori e andò in sposa. Erano carini quella mattina del matrimonio, media altezza lei, con i capelli castani e raccolti sulla nuca, alto lui con gli occhi e i capelli neri e impomatati e la giacca di velluto che gli aveva dato suo padre. Erano timidi e avevano timore, dopo sposati, a mettersi “a braccio”, si vergognavano entrambi. Poi una volta nella loro stanza, a casa dei genitori di Vincenzo, Tina scoppiò in lacrime, si sentì venduta. Ma la colpa non era del marito ma di un sistema retrogrado e crudele che portava i genitori a sbarazzarsi di una bocca da sfamare dandola in sposa. Con il tempo, però, impararono ad apprezzarsi e a volersi bene, ma Tina, che riservata lo era di natura, rimaneva sempre un passo indietro. Adesso era arrivato il momento del suo amato figlio e lei tremava all’idea di dovergli imporre il matrimonio come avevano fatto con lei, amava questo figlio in modo particolare. Ma ‘Gnazio dopo aver parlato con il padre non sembrava molto turbato e Tina si rasserenò...






Mettiti la giacca buona a Bronte, Sicilia









Queste foto sono state scattate durante la presentazione del mio libro "Mettiti la giacca buona" alla pro loco di Bronte. Da quel giorno ho il piacere di essere socia dell'associazione di questi ragazzi che, tramite il loro circolo culturale, cercano di tramandare la tradizione Brontese ai più giovani. In quest'occasione il mio libro, che narra la storia d'amore di alcuni giorni durante i fatti di Bronte, ha aperto una rassegna estiva di incontri e di film.

lunedì 4 febbraio 2019

L'AMORE DI NATALE

Ravviva il fuoco prima che si spegne! Mena, riprendeva la figlia che si attardava alla finestra vicino la strada. Nuccia quasi non la sentì, stava accendendo le candele sul davanzale della finestra, visto che cominciava a fare buio, per fare luce a chi si recava in chiesa per la novena di Natale, ma si attardava perché aspettava che passasse Turi, il figlio del pastore: lo incontrava quando andava in campagna per raccogliere la borragine per la cena, e a furia di sguardi e di sorrisi si erano innamorati. Mena, con sguardo e voce seria la chiamò altre due volte, così Nuccia si staccò dalla finestra e si avvicinò al camino per prendersi cura del fuoco. Faceva freddo a Fornazzo, e l’Etna che sovrastava il piccolo borgo era completamente innevata, tanto, quasi, da rischiarare le povere case del paese! Nelle viuzze, qua e là, la gente aveva messo vicino alla porta una fascina di legna: la notte di Natale sarebbe servita per accendere il ceppo davanti alla chiesa. Nuccia continuava pensierosa a guardare dalla finestra, cercando di non farsi scoprire dalla madre. Tre giorni prima suo padre, Puddu, era tornato dal lavoro contento, annunciando che Mario insieme al padre, il fabbro del paese, avevano chiesto in moglie Nuccia e il giorno di Natale sarebbero venuti al pranzo. Per Nuccia una coltellata al cuore, per la madre la fine di un incubo: si sposerà? Così le acrobazie per comunicare con Turi, era riuscita a vederlo, solo un attimo, mentre ammucchiava la neve dietro il vicolo. Tranquilla,  aveva detto Turi, ti farò sapere e la notte di Natale quando andrai alla messa scapperemo. Mentre era soprapensiero sentì il fischio, Turi si levò il berretto e se lo rimise due volte, proprio come pattuito: aveva organizzato tutto, sarebbero scappati. Sospirò, non ne era contenta, ma sapeva che mai sarebbe riuscita a convincere il padre, men che meno la madre. Così, tribolante e felice, allo stesso tempo, aspettò il momento stabilito. Di nascosto dalla madre raccolse le poche cose che aveva, le raccolse in un fazzolettone componendo la così detta “truscia”, e la notte di Natale la nascose sotto lo scialle e nel luogo fissato, proprio dove c’erano meno abitazioni e quindi meno candele accese, accelerò il passo, girò l’angolo e subito sentì Turi che la afferrava per il braccio e tirandola cominciava a farla correre...

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Fornazzo alle pendici dell'Etna.

domenica 3 febbraio 2019

un personaggio famoso di Acireale: Il puparo Macrì


Emanuele Macrì raffigura, per buona parte degli acesi, un illustre cittadino, un mito che, nonostante siano passati diversi decenni dalla sua scomparsa, era il 1974, ancora oggi rappresenta una chiara idea di personalità unica, di un personaggio costitutivo dell’essenza acese. Macrì non nasce ad Acireale, egli arriva in città grazie al suo padrino di battesimo Mariano Pennisi, amico dei genitori di Emanuele, fu lui che dopo il disastro del terremoto di Messina nel 1909 decide di allevare il bambino di soli pochi anni rimasto orfano a causa del disastro. Emanuele crebbe a fianco del Pennisi apprendendo l’arte dell’opera dei pupi e facendo sua la passione ed il talento. Divenne il suo erede ed esperto manovratore, responsabile e anche costruttore abile di pupi, nonché il divulgatore ufficiale in Italia e nel mondo di quest’arte particolare e sopraffina. Qualche anno fa, una triste vicenda, non la prima purtroppo, la proprietà per sopperire alle spese mette all’asta un bel numero di pupi degli anni 50. Purtroppo questa nobile arte richiede dei costi e non sempre il teatro è un’attrattiva per la città, e le spese, come si sa, devono essere affrontate. Forse ci vuole un lavoro costante se si vuole salvare una parte storica della nostra città. Penso che per far sì che anche i giovani possano nei tempi riconoscere l’importanza del puparo Emanuele Macrì l’Amministrazione Comunale dovrebbe indire un concorso, anche biennale, per portare gli alunni di tutti gli organi scolastici ad approfondirne la sua figura.
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Mi presento

Ciao, 

Sono Mariella Di Mauro. Sono un'insegnante e da molti anni ho la passione della scrittura.
Ho scritto per diverse riviste locali...io sono nata e vivo ad Acireale in provincia di Catania.
Con questo blog vorrei far conoscere a tutti alcuni dei miei articoli che parlano della particolarità della mia città e dei miei libri: racconti e romanzi. Buon inizio a me. Mariella
Questa è una foto scattatami durante la presentazione di un mio libro: ecco perché sono felice.