venerdì 18 novembre 2022

LA POLTRONA DI ARISTIDE

Non mi ricordavo più quanto tempo ero rimasto seduto su quella sedia come in trance! Ad un certo punto mi resi conto che il sole dietro a me, come ogni giorno, mi indicava che dovevano essere le 16, almeno. Così ero rientrato da parecchie ore e non mi ero accorto che l’ora di pranzo era passata, ormai, da un pezzo. La mia giornata era iniziata abbastanza presto. Non era ancora spuntato il sole e fui svegliato da un tremolio del letto. Non era forte, non sembrava il terremoto, ma non riuscivo a capire cosa fosse. Accesi la luce come per schiarirmi le idee ma non capii subito. Mi alzai e andai al bagno insonnolito. Solo al ritorno mi resi conto che Aristide, il mio gatto, non si era alzato, come di solito faceva, seguendomi in bagno. Accesi la luce centrale e rimasi sconvolto: era Aristide che tremava e faceva tremare il letto. Accorsi da lui. Il suo ansimare proveniva dal fatto che respirava, anzi ansimava con la bocca aperta e la lingua di fuori come un cane e le zampette davanti erano paralizzate. Cercava di alzarsi ma quella parte del corpo non gli rispondeva. Entrai nel panico, non sapevo cosa fare, l’idea di perderlo, anche se era molto anziano, mi faceva impazzire. Poi decisi di cambiarmi e di portarlo al pronto soccorso veterinario. Lo avvolsi in una sciarpetta e lo adagiai sul sedile. Anelavo ad arrivare e fortunatamente, essendo troppo presto, non c’erano molte macchine per strada. L’ambulatorio non era vicino ma non ci misi molto tempo. Suonai trepidante, sicuramente il medico di turno si era appisolato ma io non potevo aspettare e suonai di nuovo. Pochi secondi ed il medico aprì, prese subito Aristide e lo adagiò sul lettino. Mi disse che purtroppo era molto grave e che certamente aveva avuto un infarto. Che dolore al cuore sentirglielo dire, anche se io, della sua gravità, ne ero certo. Mi accomodai in sala attesa e Aristide fu sottoposto ad alcuni accertamenti. Mi chiesero di tornare a casa ma io insistetti a restare. Dopo qualche ora il medico mi disse che era spirato. Scoppiai in lacrime, ero veramente fuori di me. Il medico mi disse che lo avrebbero tenuto loro e che l’indomani mattina mi avrebbero accompagnato in un luogo per la sepoltura. Io andai via, rientrai a casa e mi sedetti sulla sedia dove spesso mi mettevo vicino a lui perché aveva preso il mio posto sulla poltrona ed io non volevo svegliarlo. Quanti ricordi in quella stanza! Lui cucciolo che saliva dappertutto e faceva cadere le mie cose. Poi, una volta cresciuto, riusciva a passare vicino ai suppellettili senza spostare nulla. Quanti giochi insieme. Spesso, se ero seduto sulla poltrona, lui saliva sulle mie ginocchia e dormiva beato. Ora quella stanza era vuota, completamente vuota, ed io solo. Mariella Di Mauro

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