giovedì 15 agosto 2019

La cucina afrodisiaca catanese II

La cucina afrodisiaca catanese, come abbiamo capito, non è segreta, ma si trova sulla bocca di tutti o meglio, sulle tavole di tutti. E’ certamente una cucina povera, non ricercata, niente a che vedere con la Nouvelle Cousine. Sono le pietanze, quindi ad essere “speciali”. Sono i prodotti che crescono e vivono all’ombra del vulcano ad essere speciali, è l’Etna, è il sole, il mare, il vento delle correnti dell’Jonio. E’ tutto questo che fa sì che tutto quello che vegeta e che vive in questa terra sia particolare: la frutta, le verdure, gli animali, noi stessi. Si, anche noi uomini respiriamo la stessa aura, e, mangiamo le stesse cose di cui si nutrono gli animali e i vegetali, quindi, l’effetto del fosforo che espelle il vulcano, ha su noi lo stesso effetto del fiammifero, una vampata fulminea, un bagliore e poi si spegne. Lo zolfo, dà, invece, il calore necessario, una forza prolungata, il genio, diciamo, l’attimo per arrivare a vette più alte, il tipico intuito geniale dei siciliani. Che dire poi del vento, le stesse isole Eolie ne hanno preso a ragione il nome; è il vento e l’aria che ci porta ad essere dei sognatori, lasciando, purtroppo, una fenditura da dove nasce la paura di cadere che ci frena, spesso, ad intraprendere voli pindarici e votati al fallimento. Da tutto questo proviene il gusto e l’effetto dei nostri prodotti. Pensiamo al pistacchio di Bronte, oggi molto rinomato, gustoso, ma soprattutto ricco di vitamina E, detta della fertilità. E le olive nere con l’olio d’oliva ed il peperoncino che stimolano un reale erotismo. Ricercatissimi i ricci di mare, i cui coralli condiscono spaghetti afrodisiaci.
Nell’antica Grecia era famosa la vellutata di fave secche con profumo di finocchietto selvatico, la troviamo citata da Aristofane ne “Le Rane”, la quale consentì ad Ercole, dopo ager ingurgitato un’enorme zuppa di fave, di possedere diecimila vergini in una sola notte.
Molti sono stati gli scrittori catanesi che si sono interessati all’argomento: Domenico Tempio, Vitaliano Brancati, Ercole Patti; anche in molti film riaffiora l’argomento. Di recente produzione i film su Montalbano, di Camilleri, il protagonista intervalla il suo geniale intuito nel lavoro, nell’assaporare, proprio come in un’unione carnale, piatti tipici prelibati, composti da verdure, carni, ma, soprattutto pesce, o meglio dalla maestria di cucinare il pesce in un certo modo. Del resto sappiamo tutti cosa significa tornare a casa dalla pescheria, attraversando quel dedalo di viuzze, portando a casa, pronto per essere cucinato, del pesce freschissimo che si muove ancora dentro il suo incarto: astici, polpi, triglie di scoglio, gamberi rosati di nassa, ricci. Il tragitto, e il ricco bottino ti fanno già pregustare il piatto prelibato, tanto da avere l’acquolina in bocca: si proprio come Montalbano, quasi meglio di una bella donna!
Inutile dire che tutti i piatti hanno la necessità di essere innaffiati da un ottimo vino: siciliano, naturalmente, quello stesso vino che salvò Ulisse , quando, per fuggire con i suoi compagni da Trezza, ubriacò e poi accecò Polifemo.

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