giovedì 5 settembre 2019

Pallino ci riprova I parte

Da quella volta che Pallino era scappato la mamma si era fatta molto più attenta, non doveva succedere più, potevano prenderselo, finire sotto una macchina… Marta non voleva neanche pensarci: si era affezionata tanto a Pallino, ormai era uno della famiglia. E così cominciò ad abituarsi, prima di aprire una porta “pericolosa”, ad accertarsi dove si trovava il suo micio! Per molto tempo, con questo metodo, tutto andò bene. Pallino, dal canto suo, era uscito da quella esperienza veramente stravolto, aveva avuto seriamente paura di essere azzannato da quei cani ed era terrorizzato pensando che non avrebbe più rivisto la sua mamma. Per un po’ di tempo si tenne lontano dalle porte di uscita per paura dei passanti e delle macchine, ed ad ogni rumore si rintanava sotto il lettone o, addirittura, dentro un armadio. La mamma gli diceva sempre – ti ricordi Pallino di quando sei scappato e piangevi? non c’era la mamma! – Pallino capiva, a modo suo ma capiva, il tono della voce di mamma era particolare, e si lasciava accarezzare facendo le fusa. Non era sempre disposto a farsi lisciare, ma quando si metteva sul cuscino del divano la mamma sapeva che aveva bisogno di coccole e andava a coccolarlo. Man mano che il tempo passava Palli si era dimenticato di quello che era accaduto e, desiderando la libertà, sperava sempre di riuscire a sgattaiolare e scappare. Era un pomeriggio di primavera quando la mamma dopo aver chiuso le aperture aprì la porta del balcone che dava sui tetti, non si era ricordata di serrare la finestrella del bagno, cosa che, naturalmente, non sfuggì a Pallino che in un attimo fu sul balcone e quindi sui tetti: Marta ebbe appena il tempo di vederlo! Lo chiamò più volte, aspettò un poco ma nulla, troppo tempo era rimasto chiuso, pensò. Così rientrò in casa lasciando la porta socchiusa nel caso fosse tornato, ma passò un’ora, due, ma micio gatto non si vedeva. Quando si fece sera cominciò a piovigginare e la sua preoccupazione aumentò, diverse volte lo chiamò, gli fece il fischio con il quale amava chiamarlo…nulla. Allora dovendo uscire lasciò le tende discostate e una lampada accesa: si sentiva, così, di fargli sentire il calore di casa. Poi passò anche la notte, sperava nella mattinata che tornasse ma non fu così, si recò al lavoro con la preoccupazione nel cuore, sperava di ritrovarlo al ritorno. Pallino aveva trovato la finestra del bagno aperto e in men che non si dica si ritrovò sui tetti, tanti tetti pieni di luce e di nuove curiosità, sentiva la voce della mamma, ma era lontana… non poteva pensare a lei, aveva tante cose da vedere… dopo aver corso un poco si fermò, c’era una signora con dei bambini che ritirava la biancheria e a lui piaceva guardare, poi, però, sul terrazzo della signora salì pure un cagnolino che subito, avvertendo la sua presenza iniziò ad abbaiargli. Pallino sapeva chi erano i cani, li aveva avuti quella volta alle calcagna, così cominciò a correre a perdifiato allontanandosi, notevolmente, dal tetto della casa di mamma. Poi ad un tratto si fermò, c’erano dei gattini piccoli piccoli in un cortile, erano soli, giocavano e così si fermò a guardarli, poi si avvicinò e andò a mangiare i loro croccantini e a bere nella loro ciotola. All’improvviso arrivò un bambino che vedendolo voleva prenderlo per accarezzarlo, ma Pallino aveva paura non lo conosceva, non era abituato a vedere molte persone così ricominciò a scappare, salì sul tetto e, nuovamente, corri corri a perdifiato saltando da un tetto all’altro anche se il bambino era già lontano. Nella sua corsa all’impazzata, Pallino, non si accorse che si stava dirigendo in una casa dove il tetto era fatiscente e mezzo crollato, così appena vi saltò su, questo crollò e “Miciotto”, così lo chiamava a volte la mamma, precipitò dentro rimanendo stordito in mezzo alla polvere, pezzi di legno e calcinacci che, irrimediabilmente, caddero con lui. Di ritorno dal lavoro Marta non trovò Pallino a casa, non era tornato! Era nervosa, le altre volte quando era riuscito a scappare era ritornato dopo un’ora, era passato molto tempo ma era ancora speranzosa. Dopo pranzo prese l’ombrello e fece un giretto nel quartiere, l’abitato era composto da antiche casette, forse era rimasto in un rifugio improvvisato per la pioggia! Ogni tanto lo chiamava, fischiava… poi cominciò a piovere più forte e rientrò a casa. Quando Pallino, dopo vari giri d’ispezione, si rese conto che il luogo dove era caduto non aveva vie d’uscita si spaventò a morte, cominciò a miagolare come quando la mamma lo lasciava fuori, ma mamma non venne ad aiutarlo. Allora cominciò a saltare, voleva raggiungere il tetto e tornare a casa: ma era alto, troppo alto, Pallino non ce la faceva! Ma lui continuava, piangeva e saltava, piangeva e saltava, poi colto dalla stanchezza si addormentava: nel sonno sentiva i morsi della fame e si lamentava. Passavano in alto gli uccellini, miagolava, li chiamava, ma loro non si curavano di lui. Eppure ci doveva essere un modo per uscire, perché la sua mamma non veniva a liberarlo? Passò un’altra notte e al suo risveglio Marta si rese conto che Pallino non era ancora tornato. Prima di recarsi al lavoro decise di fare un altro giro dal lato opposto di quello che aveva fatto il giorno prima: gli fischiò tante volte, ascoltò…non sentiva il suo micio miagolare, lo avrebbe riconosciuto tra chiunque! Pallino, intanto, nonostante la fame, la stanchezza e le zampette, che a furia di saltare, gli facevano un gran male, non demordeva: miagolava, miagolava. Un gatto si affacciò ad un certo punto dal tetto lì sù in alto. – Ma come hai fatto a cadere lì, sei proprio scemo! Non hai visto che è tutto marcio?- - Io sono un micetto di casa, non ho capito, sono scappato dalla casa di mamma. Aiutami, ti prego! - - La mamma! Bamboccio! Aiutarti? Come faccio secondo te?- e detto fatto si girò e andò via. Furono molti i giorni che passarono e Marta non si rassegnava alla perdita di Pallino: gli lasciava sempre la porta aperta, lo cercava nelle stradine, girò fra gli abitanti chiedendo se qualcuno lo aveva visto… Pallino intanto, stanchissimo, continuava il suo miagolio lamentoso: ricordava la mamma di come lo trattava e della canzoncina che spesso gli cantava: Sono bello e sono carino E la mia mamma mi chiama Pallino. Sono il micio della mamma. E la mia mamma mi vuole bene Perché sono tanto bello. Pochi pochi po Pochi pochi po… Un pomeriggio, certo attirato dai miagolii, in cima al tetto ...

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