Emanuele Macrì raffigura, per buona parte degli acesi, un
illustre cittadino, un mito che, nonostante siano passati diversi decenni dalla
sua scomparsa, era il 1974, ancora oggi rappresenta una chiara idea di
personalità unica, di un personaggio costitutivo dell’essenza acese. Macrì non
nasce ad Acireale, egli arriva in città grazie al suo padrino di battesimo
Mariano Pennisi, amico dei genitori di Emanuele, fu lui che dopo il disastro
del terremoto di Messina nel 1909 decide di allevare il bambino di soli pochi
anni rimasto orfano a causa del disastro. Emanuele crebbe a fianco del Pennisi
apprendendo l’arte dell’opera dei pupi e facendo sua la passione ed il talento.
Divenne il suo erede ed esperto manovratore, responsabile e anche costruttore abile
di pupi, nonché il divulgatore ufficiale in Italia e nel mondo di quest’arte
particolare e sopraffina. Qualche anno fa, una triste vicenda, non la prima
purtroppo, la proprietà per sopperire alle spese mette all’asta un bel numero
di pupi degli anni 50. Purtroppo questa nobile arte richiede dei costi e non
sempre il teatro è un’attrattiva per la città, e le spese, come si sa, devono
essere affrontate. Forse ci vuole un lavoro costante se si vuole salvare una
parte storica della nostra città. Penso che per far sì che anche i giovani
possano nei tempi riconoscere l’importanza del puparo Emanuele Macrì
l’Amministrazione Comunale dovrebbe indire un concorso, anche biennale, per
portare gli alunni di tutti gli organi scolastici ad approfondirne la sua
figura.
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