sabato 6 aprile 2019

La Sicilia e gli Arabi 3

Molte piante erano di origine tropicale e, quindi, con elevato fabbisogno d’acqua, i romani già le conoscevano ma fu solo con i nuovi sistemi produttivi che fu possibile coltivarle nei nostri giardini. Le nuove piante sono parecchie: la canna da zucchero, il papiro che per qualità eguagliava quello egiziano, le zucche, i cocomeri. Molto diffusa e consumata, anche per le presunte proprietà afrodisiache, era la cipolla che veniva mangiata, prevalentemente, cruda. Nuovi erano gli spinaci, conosciuti in Andalusia già nel XI secolo, i carciofi, le melanzane che dall’India giungono in Egitto, poi in Tunisia e nel X secolo in Spagna. C’era, poi, il riso, il lino ritenuto di ottima qualità, il cotone, i legumi, il sesamo, la manna, la malva. Famose erano le piante coloranti come l’indaco (azzurro), l’hennè (rosso), il guado (blu), il mirto per la concia delle pelli. Nelle zone con poca acqua si coltivavano altre specie di piante: l’olivo, il gelso, il noce, il carrubo. In città, e nei suoi rigogliosi giardini, non potevano mancare, ovviamente, le palme da datteri. Con gli arabi, dalla Spagna, arrivarono, naturalmente, gli agrumi, il banano, una nuova forma (nuova esteticamente) della vite. E poi le rose e, quello che è ormai, il nostro gelsomino: è impensabile la nostra Sicilia senza il suo sensuale e inebriante odore, soprattutto d’estate, sul far della sera, quando ancora persiste il caldo bruciante e mentre, timidamente, arriva un lieve alito di frescura che insieme porta con se il suo profumo, che, anche se lo conosci dall’infanzia, ti stupisce sempre e ti annebbia i sensi! E il profumo delle zagare di cui tutte le ville, i giardini o anche le più piccole case rurali sono ampiamente provviste?

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